UN DIARIO DI VIAGGIO IN AFRICA

"UEBI SCEBELI" DI VITO COSIMO BASILE        

        

              La Puglia, non c’è dubbio, è ricca di personaggi di rilievo. Uno di questi è Vito Cosimo Basile, un medico dai forti interessi scientifici, ma anche letterari, di cui è stato ristampato, con il titolo “Uebi Scebeli”, un suggestivo diario di viaggio nel cuore dell’Africa (Stilo Editrice, Bari, 2010, pp. 270, euro 18, a cura di Daniele Maria Pegorari).        

       Basile, nato a Polignano a Mare, nel Barese, nel 1887, si laureò in Medicina, intraprendendo la carriera militare. Specializzatosi in Medicina coloniale, viene inviato in Somalia, allora sotto il controllo italiano. Il famoso Duca degli Abruzzi, Luigi di Savoia, lo stima e lo coinvolge nella sua spedizione, con la quale compie la prima esplorazione integrale del fiume Uebi Scebeli, che scorre per oltre 2000 chilometri nel Corno d’Africa. Da questo viaggio, realizzato tra la fine del 1928 e i primi del 1929, Basile trae la materia per il suo libro, apparso originariamente nel 1935, per i tipi della Cappelli di Bologna.

         L’edizione moderna inaugura la “Biblioteca di Letteratura Pugliese”, diretta da Daniele Maria Pegorari, docente all’Università di Bari, che per l’occasione ha firmato un ampio ed analitico saggio introduttivo, che permette di inquadrare alla perfezione il personaggio di Basile e il suo libro.

         Basile appartiene al novero dei medici umanisti, una categoria un tempo forse più numerosa, ma ancora notevole e significativa. In lui l’amore per la conoscenza, per il prossimo che soffre e per la parola elegante ed appropriata, sono tutt’uno. Di qui il suo diario africano, preciso ed analitico, ma anche ricco di squarci lirici, di voli poetici, di citazioni colte, come quando le mosche lo tormentano, e lui si ricorda della punizione degli ignavi danteschi, salvo poi aggiungere, con dignitosa consapevolezza: “Ma noi di ignavia non peccammo mai!...”.

         Basile descrive in modo vivido i sacrifici affrontati nel viaggio, che lo porta dall‘Etiopia, allora ancora indipendente, prima di essere conquistata proprio dagli Italiani, alla Somalia. In lui non c’è nulla del colonialista spocchioso e aggressivo, larvatamente razzista; anzi, ha voglia di conoscere, di ampliare i propri orizzonti, e trascorre varie ore della giornata curando gli indigeni. In Africa non c’è gente inferiore, ma da capire, gente condizionata fortemente dall’ambiente in cui vive, che merita rispetto e considerazione, come si legge in alcuni esemplari passi dell’opera.

         Il Nostro, che approfitta dell’occasione per raccogliere rari esemplari zoologici e botanici, ha una grande ammirazione per il Duca degli Abruzzi, che appare pieno di dignità e di coraggio. Il celebre esploratore morirà proprio in Africa, nel 1933, facendosi seppellire presso le sponde dell’Uebi Scebeli. Il medico di Polignano, invece, scomparirà nel suo paese natale, nel 1958. Il suo diario, a lettura ultimata, si conferma davvero interessante e meritevole di essere meglio conosciuto.

 

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