LE “LEZIONI” DI VINCENZO MALICE

SAN SEVERO ALLA FINE DELL’OTTOCENTO

 

 

CENTOVENT’ANNI FA

Nel 1886 a San Severo c’erano 27 classi di scuola elementare diurna e 5 di scuola serale. Tra le mani di questi studenti, in fondo privilegiati, visto l’analfabetismo imperante, poteva forse capitare un libro intitolato “Lezioni di geografia e storia della provincia di Capitanata”, scritto da Vincenzo Malice e stampato nella nostra città dalla “Tipografia V. Vecchi e comp.”.

E’ un testo poco noto, di cui abbiamo trovato una copia nella nostra biblioteca comunale, che a distanza di oltre 120 anni presenta, per la materia che affronta, vari spunti di interesse.

Il nome dell’autore è attestato nella pubblicistica locale, come collaboratore di alcune testate giornalistiche. Si tratta, con tutta probabilità, di un maestro elementare, che ha al suo attivo anche altre pubblicazioni, alcune delle quali ricordate sulla quarta di copertina del libro in questione. Nell’elenco troviamo, tra l’altro, un “Sillabario fonico–sillabico coordinato alla Lettura e Scrittura de’ fanciulli”, che ha avuto più edizioni, e un discorso pronunciato al congresso magistrale di Foggia del 1905, sul tema “La scuola primaria nel mezzogiorno d’Italia”.

In genere, si tratta di scritti di modesta mole, indirizzati per lo più agli studenti della scuola elementare, come appunto queste “Lezioni di geografia e storia”, che ci ricordano come l’attenzione alla propria realtà territoriale non è una caratteristica peculiare dei giorni nostri. Già allora, ad un quarto di secolo dall’unità d’Italia, si dava molto risalto allo studio della propria provincia, specie nei primi anni di vita.

La conoscenza, del resto, parte da quello che ci sta intorno, e dunque ecco l’utilità di opere come questa, che non trascura i collegamenti con il mondo intero e, anzi, parte proprio da un capitolo di geografia generale, per poi entrare rapidamente in argomento, salvo poi, alla fine, riallargare l’orizzonte, trattando dell’Italia, dell’Europa e degli altri continenti.

Il lavoro viene dedicato al dr. Giuseppe Mascia, uomo politico appartenente al partito dei Bianchi, che nel 1897 e nel 1900 sarebbe stato eletto deputato al Parlamento nel nostro collegio. Mascia viene definito un amico della “negletta classe de’ maestri”, con parole che sanno di stretta attualità, dal momento che gli insegnanti non sono mai stati particolarmente considerati, specie dal punto di vista economico.

Nel “Proemio”, Malice ricorda che le “Lezioni” rappresentano l’ampliamento di una versione precedente, pubblicata nel 1883, insieme ad un altro non meglio specificato libro.

 

L’IMPORTANZA DI SAN SEVERO

La Capitanata dell’epoca (l’ultimo censimento era quello del 1881) contava 351 mila abitanti circa, divisi in 53 comuni. Ogni provincia era divisa in circondari, a loro volta divisi in mandamenti. Nel caso particolare, la Capitanata contava 3 circondari, quelli di Foggia, Bovino e Sansevero (ovviamente, il nome della nostra città è riportato con la forma consueta nel passato, quella univerbata, ossia scritta con un’unica parola).

Da San Severo, sede di sotto–prefettura, dipendono ben 12 mandamenti, che vengono puntigliosamente enumerati: Sansevero; Torremaggiore, da cui dipende S. Paolo Civitate; Castelnuovo Dauno, da cui dipendono Pietra Montecorvino, Casalvecchio di Puglia e Casalnuovo Monterotaro; Celenza Valfortore, da cui dipendono S. Marco la Catola e Carlantino; Serracapriola, da cui dipende Chieuti; Apricena, da cui dipendono Poggio Imperiale e Lesina; Sannicandro Garganico; Cagnano Varano, da cui dipende Carpino; Vico Garganico, da cui dipende Peschici; Rodi Garganico, da cui dipende Ischitella; S. Marco in Lamis, da cui dipende Rignano; S. Giovanni Rotondo. 

L’importanza della nostra città, come si vede, era ben riconosciuta dall’assetto politico–amministrativo dell’epoca, il che ci ricorda anche come non fossero proprio del tutto velleitarie le rivendicazioni di un ruolo da capoluogo di provincia per la nostra città, che hanno trovato purtroppo uno scoglio, qualche anno fa, proprio nelle beghe politiche sanseveresi e nella scarsa convinzione delle nostre reali possibilità.

E’ una delle tante volte in cui i sanseveresi si sono dimostrati autolesionisti. Non ci abbiamo creduto noi per primi, figuriamoci se gli altri comuni potevano prenderci sul serio! Ora, vista l’attuale situazione, si può solo dire che se ne riparlerà alle calende greche.

Dopo aver parlato in generale della provincia di Capitanata, soffermandosi sui monti, sui fiumi, sui laghi, sulle isole, rappresentate dalle Tremiti, “addette a’ coatti”, ossia utilizzate come luogo di pena, Malice offre dei “cenni topografici dei singoli comuni” della provincia, a partire dal capoluogo Foggia.

Impressiona la differenza di abitanti di certi comuni del Subappennino, che alla fine dell’Ottocento erano molto più popolati di oggi. Faeto nel 1886 aveva 3.637 abitanti, mentre oggi ne ha 800 circa, Alberona, invece, è passata dai 4.120 di allora, ai circa 1.100 di oggi. E’ un fenomeno impressionante, che ha modificato il volto della nostra provincia, nella quale i subappenninici contavano molto di più.

 

 

 

 

UN RITRATTO DELLA NOSTRA CITTA’

E San Severo? Gli abitanti erano allora 19.582, circa un terzo di quelli attuali. Il ritratto che Malice schizza della nostra città punta sulla laboriosità e sull’intraprendenza delle persone, oltre che sul loro amore per le scienze e le lettere.

Quanto all’aspetto esterno, San Severo, si legge, è esposta allo spirare dei venti: “Ha due vie principali concentriche, larghe e lunghe, intersecate da alcune con angoli rientranti e sporgenti, ma poiché vanno mano mano allargandosi dal centro della città verso la campagna, permettono che il vento s’infili dall’esterno nell’interno della medesima da qualunque direzione esso spiri. Altre si spezzano continuamente in linee tortuose con un’ampiezza varia e non mai uniforme, di maniera che alle une amplissime, succedono altre angustissime, e quasi sempre la stessa contrada man mano che cammina s’allarga e si restringe senza regola e misura”.

San Severo, seguita Malice ha anche “qua e là belle piazze, alcune delle quali sono abbellite di verdeggianti aiuole, altre nude e brulle, ed altre piene di buche per grano, dette fosse, destinate a scomparire, come sono scomparse in altri punti della città. Di tutte coteste vie e piazze poi, quelle comprese nel giro interno sono quali lastricate con pietre del Vesuvio, e quali con le calcaree delle vicine cave d’Apricena, e così pure sono tenute le vie prin­cipali fra il giro interno e il giro esterno…”.

In realtà, come sappiamo, le fosse del grano dureranno ancora a lungo, almeno in alcune parti della città.

Ovviamente, non può mancare una menzione alle molte chiese e ai loro campanili, che si slanciano in alto. In particolare, Malice ferma la sua attenzione sulla facciata della chiesa di San Lorenzo.

Oggi San Severo è un centro commerciale di prim’ordine. E’ una caratteristica, questa, che viene da lontano, come ci esemplifica questo passo: “In Sansevero abbondano pure belli e ricchi negozi d’ogni genere, tanto che qui vengono a fornirsi i paesi del circondario e della provincia di Campobasso di legname, ferro, stoffe, ceri, liquori, droghe ed altro”. Ricordiamo che le “droghe” di cui parla Malice sono le sostanze aromatiche vegetali usate per condire le vivande, non gli stupefacenti che oggi, per triste ironia della sorte, hanno proprio da noi un noto mercato di morte. Sembra una precisazione superflua, ma non lo è, specie pensando ai più giovani, che potrebbero rimanere un attimo sconcertati di fronte ad un brano come quello appena riportato.

All’epoca c’erano in città, oltre alle 32 classi di scuola elementare ricordate in apertura di articolo, anche un asilo infantile, una scuola tecnica e il ginnasio. Si segnalano, inoltre, numerosi uffici pubblici, dalla sottoprefettura alla regia pretura, una Banca di Sansevero, una Banca cooperativa popolare, una tipografia, due società musicali con le rispettive bande, ossia la Bianca e la Rossa.

Si fa tanta quantità di vino – scrive sempre Malice – da provvederne molti paesi della provincia e delle limitrofe, e non poche città principali d'Italia, di Svizzera e Germania; le sue magnifiche uve ven­gono finanche trasportate a Berlino, Mosca e Pietroburgo”. Vi si beve, invece, un’acqua mediocre, mentre l’aria è ritenuta abbastanza salubre, quantunque “pecchi talvolta d’umidità, a causa delle paludi Sipontine, de’ piccoli ristagni de’ torrenti che bagnano il suo suolo, e degli scavi prodotti nella costruzione della linea ferroviaria”.

Dopo questa descrizione di San Severo negli anni Ottanta dell’Ottocento, l’autore riassume gli eventi storici più importanti, con un rapido excursus. Più interessante, però, è la sezione successiva, dedicata ai personaggi illustri, che si apre con Agostino Colombre e continua con Alessandro Minuziano, Matteo Tondi, Gaetano de Lucretiis, Matteo Fraccacreta, Agostino Gervasio e Michele Zannotti.

Si tratta di brevi ritratti, nei quali non manca il gusto dell’aneddoto, come quando Malice ricorda che Matteo Fraccacreta amava girare su di un asinello, di giorno e di notte, benché di età avanzata, per i paesi della zona, raccogliendo notizie utili per il suo “Teatro topografico”.

San Severo ha avuto dei grandi uomini di cultura, conclude Malice, ma troppo poco ricordati. Nessuno è profeta in patria, tanto meno nella città dei campanili, e a noi tocca riscontrare che a distanza di 120 anni la situazione non è purtroppo cambiata!

 

Torna ad Archivio Letterario Pugliese