RESSE LA DIOCESI DI SAN SEVERO DAL 1895 AL 1904

MONS. BONAVENTURA GARGIULO, IL VESCOVO GIORNALISTA 

 

 

         UNA FIGURA DI NOTEVOLE RILIEVO

        Qualche anno fa è stata dedicata una strada di San Severo a mons. Bonaventura Gargiulo, vescovo della nostra diocesi dal 1895 al 1904, anno della sua scomparsa. Si trattò di un doveroso atto di riconoscenza nei confronti di un personaggio sicuramente notevole, che merita una maggiore considerazione da parte dei sanseveresi, che non lo conoscono o, al limite, lo collegano ad una vicenda tutto sommato secondaria, quale lo scontro avuto con i socialisti sanseveresi e il loro periodico, “La bandiera socialista”.

         Mons. Gargiulo è nato nel 1843 a Sant’Agnello di Sorrento, in Campania, e i suoi conterranei lo ricordano ancora con molta attenzione. L’anno scorso, in particolare, per commemorare il primo centenario della sua scomparsa, sono stati promosse alcune manifestazioni e sono stati editi dei libri. Uno si intitola “Poeti e prime pagine. Studi in onore di Mons. Bonaventura Gargiulo Cappuccino Vescovo di San Severo” (Edizioni T.D.C., Napoli, 2004), ed è formato da vari contributi, che focalizzano gli aspetti rilevanti della vita e dell’operosità di questo personaggio. 

          Ma non manca una ponderosa monografia, “Bonaventura Gargiulo. Cappuccino, giornalista e vescovo di San Severo (1843-1904)” (Edizioni T.D.C, Napoli, 2004). Si tratta di un voluminoso volume di 575 pagine, che abbiamo letto con grande interesse, scritto da Ulderico Parente, uno storico di Teano, docente di Storia contemporanea presso la Libera Università degli studi “San Pio V” di Roma.

         Parente, che ha acquisito numerose fonti anche a San Severo, come ci informa il dr. Roberto Pasquandrea, direttore dell’Archivio Storico Diocesano, ha composto una biografia completa, evidenziando le molteplici qualità di mons. Gargiulo.

         Nato in una famiglia di umili condizioni, diventò cappuccino in un periodo delicato, segnato dalla transizione tra il regno borbonico e quello italiano e dall’applicazione delle leggi piemontesi, che si abbatterono come una scure sugli ordini religiosi. Gargiulo si rifugiò per qualche tempo nei territori appartenenti allo Stato della Chiesa, poi, dal 1868 al 1870, fu in Gran Bretagna. Ma l’amore per la sua terra dovette convincerlo a ritornare in Campania.

 

    

        

  VESCOVO DI SAN SEVERO

        Nel 1895 il cappuccino, vescovo di prima nomina, viene inviato a San Severo e questa promozione lo porta a contatto con la nostra diocesi. Mons. Gargiulo dedicò molte energie alla predicazione, alla diffusione del messaggio cristiano, e in questo si servì delle sue indubbie qualità di giornalista. Il cappuccino, infatti, per tutta la vita creò, diresse e sostenne delle testate, come l"Eco di S. Francesco”, “Stelle e fiori”, che durò dal 1878 al 1895, e, soprattutto, per quanto ci riguarda, l’”Ape Cattolica Sanseverese”, pubblicazione settimanale illustrata.

         L’"Ape Cattolica” fu edita dal 1896 fino al 1904, e dunque la sua esistenza si lega strettamente alla penna di mons. Gargiulo, che dedicava una parte rilevante del suo tempo alla scrittura. Oltre che cappuccino e uomo di chiesa al cento al cento, il Nostro si sentì sempre un giornalista, e per questo motivo portava con sé una croce con dentro una reliquia di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli operatori della comunicazione.

         Il settimanale sanseverese, com’è facile comprendere, era in buona parte scritto da lui, aiutato in quest’opera da alcuni sacerdoti e qualche collaboratore. L’”Ape”, che riprendeva anche delle notizie da altre testate cattoliche, con le quali praticava un fitto scambio di informazioni, possedeva numerose rubriche, alcune molto interessanti. Non c’è dubbio che il settimanale si distacchi di molto dalla volgarità di quasi tutte le testate pubblicate in quel periodo a San Severo, al soldo di politici e politicanti di diverso colore.

         Il legame con l’"Ape” di mons. Gargiulo è tanto stretto, che non si riuscì nemmeno a stampare un numero per annunciare la scomparsa del presule, nel 1904. Tutto termina con lui.

         Nel libro si trova anche una precisa ricostruzione della fase anteriore alla proibizione della lettura della “Bandiera Socialista”, fatta da mons. Gargiulo nel 1903. In quel periodo i socialisti, che si stanno organizzando in città, si distinguono per i loro attacchi anticlericali, che provocano una serie di infuocate polemiche, nelle quali si trovò coinvolto anche mons. Gargiulo, che era un personaggio franco e schietto, non abituato a nascondersi dietro un dito.

Di certo, non era un gretto e retrivo clericale, come viene dipinto da certe fonti storiche, anzi, aveva contatti con religiosi ed intellettuali di tutta Italia e amava molto viaggiare. L’estate, in particolare, ma anche i periodi in cui veniva chiamato a Roma o in altri luoghi come predicatore, erano utilizzati per conoscere più da vicino il mondo.

         Parente intitola un suo capitolo “Il vescovo viaggiatore”, rappresentando mons. Gargiulo come un uomo “spietato con affaristi e intriganti, tenero e affettuoso con uomini di cultura ed edificanti testimoni della fede”.

Come vescovo, tra l’altro, non esitò a toccare alcuni interessi consolidati di alcuni sacerdoti, senza troppi riguardi.

    

         LE NOIE DI UN GIORNALISTA CATTOLICO

        Nei documenti pubblicati in appendice a questo libro, si trovano anche le pagine relative alla visita pastorale da lui effettuata nella diocesi nel 1900, che offre una radiografia della vita e delle strutture della Chiesa. Leggendo questa parte, tra l’altro, si trovano delle considerazioni poco lusinghiere sul clero locale, nel quale manca il fervore cristiano, mentre si avverte troppo il desiderio di guadagno, anche se nel complesso non ci sono grosse situazioni di scandalo.

         Divertenti, poi, sono le pagine intitolate “Le noie e le gioie di un giornalista cattolico”, tratte dal periodico “Stelle e fiori”. I fastidi sono tanti, dagli “articoli sconclusionati di tanti giovanotti che appena appena sapendo l’abbicì, vogliono parere pubblicisti”, alle poesie, “che fioccano sul tavolino del direttore, composte o da giovinetti imberbi, o da vecchi barbuti; poesie che non sono neanco una brutta prosa”. Quanto alla Posta, viene accusata di lasciar “giacere i giornali, e più spesso li guasta, li sciupa, e li manda dove non debbono andare, onde i reclami degli abbonati”. Potremmo tranquillamente sostituire la data del 1886 con quella del 2005: nessuno se ne accorgerebbe. Le noie, insomma, sono tante, ma anche le gioie sono numerose, vista la possibilità di far del bene al prossimo e di diffondere la buona novella di Cristo.

         La figura di mons. Gargiulo, nel complesso, viene descritta a tutto tondo, nel suo non comune rilievo. Va anche aggiunto che egli ha pubblicato alcune decine di opere. Nella bibliografia, Parente offre il frutto delle sue ricerche, mettendo insieme un catalogo dei suoi scritti. Alcuni testi, come “Apulia sacra: la diocesi di Sansevero”, del 1900, riguardano proprio la nostra terra. Per il resto, Gargiulo si è occupato di svariati argomenti, religiosi e profani, con un occhio di riguardo per Torquato Tasso, suo conterraneo, dal momento che era nato a Sorrento.

         Gli ultimi anni di mons. Gargiulo non furono felici. Nel 1903 diventa progressivamente cieco; è la discesa verso la morte, che arriva il 9 maggio 1904. Aveva 61 anni.

          I suoi conterranei lo tengono in molta considerazione; è bene che anche in Puglia gli sia dedicata la dovuta attenzione, come segno di stima verso questo cappuccino giornalista, fedele alla Chiesa fin nel profondo dell’anima, nostro pastore per nove anni.

 

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