LA GUIDA D’ITALIA DEL TOURING CLUB

SAN SEVERO NEL 1926

 

 

PUGLIA, ABRUZZO E MOLISE

 Nel 1926 viene pubblicato il primo volume, distribuito gratuitamente ai soci, della “Guida d’Italia” del Touring Club, dedicato all’Abruzzo, al Molise e alla Puglia. La prima edizione, stampata a Milano, è di ben 400 mila esemplari, un numero di certo ragguardevole. L’opera, di 800 pagine, con 14 carte geografiche, 13 piante di città e 33 piante di edifici, appare a firma di Luigi Vittorio Bertarelli, uno dei soci fondatori del club, autore di molte e pregevoli pubblicazioni, sin dalla fine dell’Ottocento. Egli, però, era da poco scomparso, nel gennaio dello stesso 1926, dunque non fa in tempo a vedere stampato quest’ultimo lavoro, come viene ricordato nelle pagine introduttive.

            Nella seconda pagina della Guida si legge uno “Stato di pubblicazione” dell’opera complessiva, in 7 parti, articolate a loro volta in volumi. I due tomi su Piemonte, Lombardia e Canton Ticino risalgono al 1914-15, seguiti poi dagli altri. Nel 1926 l’impresa è prossima alla conclusione. Per il Sud sono previsti un volume su Napoli e uno su Campania, Basilicata e Calabria.

            L’abbinamento della Puglia con il Molise e l’Abruzzo, regioni ritenute di solito appartenenti all’Italia Centrale, oggi forse solleverebbe delle polemiche, specie presso quelli che hanno meno familiarità con i libri di storia, ma gli autori della Guida sapevano bene che fino all’Unità d’Italia l’intera zona rientrava nel Regno delle Due Sicilie. Nel 1926, poi, certi criteri, che mettevano in diretta relazione la civiltà di un popolo con la sua latitudine, erano utilizzati con minore sfacciataggine.

            Pubblicando questa guida, il Touring si propone almeno due obiettivi dichiarati, quello di sostituire del tutto le guide straniere, ed in particolare quella molto famosa del Baedeker, e di favorire l’afflusso di turisti nell’Italia Meridionale. “Non è del resto fuor di luogo - si legge - il pensare che se l’affluenza dei turisti in alcune regioni a sud del Lazio è sensibilmente minore che in altre, ciò si debba anche alla mancanza di cognizione di ciò che esse hanno di attraente”.

            Il problema, come si sa, era complesso. L’Italia Meridionale, esclusa dal Grand Tour, era ritenuta una terra infida e priva di servizi turistici, troppo piena di banditi e di malintenzionati. Nel 1926 il problema, benché ovviamente attenuato, si fa ancora sentire.

La Guida in questione si rivolge a turisti di media cultura, con l’obiettivo di privilegiare la verità rispetto all’amor di campanile, per il quale “Molti vorrebbero del proprio paese sentir dire ogni bene; dell’altrui solo ciò che è giusto: due misure e due pesi che, nell’interesse generale, non si è voluto adoperare”. Parole sagge, che trovano un riscontro concreto nel libro.

 

         

           IL CALDO E GLI ALBERGHI

 

Nelle “Avvertenze e Informazioni Utili” si parla di alberghi e ristoranti, tradizionali note dolenti del Meridione: “L’organizzazione alberghiera nelle regioni descritte in questo volume non ha ancora avuto quasi dovunque gli sviluppi che si possono attendere. Alberghi di media categoria, ma buoni, con bagno, acqua corrente in tutte le camere, esistono a Bari, Brindisi, Lecce e Taranto; più modesti, e facilmente migliorabili con un più moderno arredamento e con un servizio più accurato… a S. Severo, Foggia, Barletta in Puglia”.

La nostra città, insomma, tradizionale luogo di passaggio, rientra in una onorevole seconda fascia, accanto, inoltre, ai principali centri abruzzesi e molisani. Nell’interno, la guida segnala in particolare due locali, l’Albergo “Italia”, di via Mercato, che ha 20 camere, acqua corrente, bagno e termosifone, e il “Moderno”, sito in piazza Municipio, con 16 camere, bagni e termosifone. Altri, più modesti, non vengono considerati.

I ristoranti sono di solito migliori; la cucina è locale e il vino è buono e genuino.

Quanto alle strade, esse appaiono per lo più mal tenute, in provincia di Foggia, Lecce e Taranto. La carreggiata può essere occupata da pietre o da altri ostacoli, con tutti i rischi che questo comporta. I conducenti delle automobili di passaggio devono stare attenti ai monelli, che hanno talvolta la pessima abitudine di lanciare sassi o altri oggetti. Inoltre, “La disciplina stradale non è ancora passata nelle abitudini: i carri tengono in generale indifferentemente la destra o la sinistra ed incrociano nel modo più comodo per loro”.

Colpisce il numero davvero esiguo di automobili circolanti normalmente in Puglia. Nel 1924 in provincia di Foggia, come si legge a pag. 94, c’erano solo 112 vetture private e 23 pubbliche; gli autocarri sono 79, mentre i motocicli sono 34, ai quali se ne aggiungono 13 con carrozzino. Il numero si eleva, comprensibilmente, solo per le biciclette, che sono 2615. Questi dati non cambiano di molto nelle altre provincie pugliesi.

Il periodo ottimale per una gita in Puglia è la primavera, in particolare il periodo tra aprile e maggio, “quando il verde predomina nei campi e le stesse regioni deserte d’alberi della Capitanata e i pascoli petrosi dell’Alta Murgia offrono colpi d’occhio assai caratteristici e gradevoli”. L’estate è assolutamente da evitarsi, specie in Capitanata, dove “Foggia (che si crede superata da S. Severo) col massimo di 43°2 (3 luglio 1897) rappresenta, dopo Palermo, la stazione d’Italia che sotto tale riguardo ha un vero primato”. Forse si esagera un po’, ma certo è significativa la presenza di San Severo in questa poco invidiabile graduatoria sulle città più infuocate, ritenuta addirittura al di sopra del suo capoluogo.

Un viaggio nella regione, utilizzando il treno e in parte le automobili pubbliche, comporta poco meno di un mese, che si riducono a 15 giorni se si dispone di una propria autovettura.

La Guida è ricca di dati nelle pagine d’insieme; in seguito, poi, si passa a notizie più dettagliate. Chi arriva in Puglia sul treno, proveniente da Termoli, si imbatte nello spettacolo del Tavoliere, nel quale “Emergono, lontano in avanti, dal piano uniforme, i campanili e le cupole di S. Severo”. La città si distingue “coi suoi campanili che terminano in pinnacoli barocchi rivestiti di mattonelle di più colori”. E’ una nota vivace, che sottolinea la caratteristica fondamentale del nostro centro abitato, oggi forse un po’ dimenticata, visto il sempre minore ricorso al treno, ma da tenere presente.

 

LE BELLEZZE DI SAN SEVERO

      

La scheda dedicata a San Severo parte dalle notizie, già ricordate, sui due alberghi esistenti. La Ferrovia Garganica, com’è noto, è ancora un vano progetto; i viaggiatori devono accontentarsi dei servizi automobilistici, che, con corse limitate, portano a San Marco in Lamis e a Vieste, oltre che a Casalnuovo. Il tram elettrico, invece, in 20 minuti arriva fino a Torremaggiore, facendo 10 corse al giorno (ma, come si sa, serviva più agli utenti del comune federiciano che ai sanseveresi).

Gli abitanti sono 33.237. Dopo alcune brevi notizie storiche si leggono, con qualche abbreviazione, che abbiamo eliminato per comodità, queste parole: “Fu per qualche tempo capoluogo della Capitanata. E’ circondata da vigneti e uliveti che danno prodotti ricercati. S. Severo infatti è notissima per i suoi vini bianchi e rosati profumati e pei filtrati dolci, assai graditi in Germania e in genere nell’Europa settentrionale. La coltivazione è qui, come in tutta la Puglia, a sistema latino (“humilis sine adminiculo”; ceppi potati a pochi centimetri da terra), ma i tralci sono sostenuti da trespoli di 3 o 4 cannucce. Lo Stabilimento Folonari ha la capacità di 50.000 hl. e con im­pianti elettrici può lavorare 3.000 quintali d’uva al giorno”.

Questo stabilimento, che resterà attivo ancora per alcuni decenni, viene ricordato anche nelle pagine iniziali, in quanto esempio positivo dello sviluppo economico della regione.

In un altro capoverso, poi, viene racchiuso l’itinerario consigliato, che dalla Stazione porta, attraverso i 700 metri del viale della Stazione, a piazza Luigi Zuppetta, oggi piazza Incoronazione, dove c’era la statua dell’onorevole, inaugurata nel 1922 e poi spostata; di qui si va a via Tiberio Solis e a via Soccorso. Non vengono dimenticate la Cattedrale, “dall’ampia navata mediana cui nel 1583 furono aggiunte le laterali”, e San Severino, “chiesa barocca che ha conservato nel fianco destro l’antica facciata romanica con ornato portale e al disopra una bella rosa sotto arco sormontato da trittico in pietra. Accanto, il campanile inferiormente romanico con bifore”.

“Rimanendo tempo, - si consiglia - da piazza Municipio, per il corso Garibaldi (a sinistra, la piazza Plebiscito, con monumento ai Caduti, di Amleto Cataldi), raggiungere il bel Giardino Pubblico”.

Un ritratto sobrio, ma nel complesso veritiero, quello contenuto in questa guida di 81 anni fa, che sottolinea le caratteristiche economiche della città, capitale del vino, e ricorda l’esistenza di alcuni monumenti, che meritano la giusta considerazione da parte di tutti.

        

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