RURALIA

 

           

        Sotto il nome di Ruralia Fraccacreta comprese cinque composizioni, che noi presentiamo in questa Appendice, per non tradire il filo rosso che ha guidato la nostra scelta di testi appartenenti ai Poemetti e ai Nuovi poemetti. Nello stesso tempo, però, non abbiamo voluto perdere l’occasione per offrire ai lettori delle opere importanti, che forniscono preziose indicazioni sul Nostro personaggio.

         Abbiamo parlato, nell’Introduzione, dell’angoscia dell’uomo Fraccacreta, che nel mondo naturale cerca un rifugio, una consolazione, contemplando i ritmi della natura, esaltando le due fedi, quella in Dio e quella nella Terra.

Ma cosa succede quando il male appare senza ostacoli, quando la visione cupa conquista il campo, togliendo spazio al lieto fine? Ebbene, la sezione in oggetto fornisce una risposta a questa domanda, visto che il vero legame tra le cinque poesie è costituito proprio dal trionfo del negativo, ossia dalla morte, vista come momento incomprensibile, sconvolgente fatalità sempre sospesa sugli uomini, ne La tomba d’oro, e sugli animali, ne La mucca inferma, dal fosco mistero, ne La magalda e ne Il gregge nero, dalla chiusura al prossimo, in Ormai l’uomo parlava con la terra.

Il titolo complessivo, Ruralia, allude ovviamente alla vita dei campi, al contesto in cui operano tutti questi personaggi, lontani dalle problematiche della realtà cittadina, ma l’universo narrativo presenta poche luci, quando, come nel terzo e quarto brano, non prevale proprio una tonalità opposta. Di qui l’importanza di queste poesie, che evidenziano delle pagine artisticamente rimarchevoli.

 

 

Le prime quattro opere rurali sono incluse dal Fraccacreta nei Motivi lirici, del 1936, quasi in coda, tra il poemetto Straniera e Il candelabro, che chiude il tutto; in seguito, con la pubblicazione degli Ultimi canti, si aggiunge Ormai l’uomo parlava con la terra, formando la settima sezione del denso volume, chiamata italianamente Rurali, nella quale, però, sono comprese anche Alle foglie e Il candelabro, che invece sono opere ben distinte.

La prematura scomparsa del Fraccacreta, quando La tipografia era sul punto d’iniziare la composizione del presente volume, come si legge nelle Note finali, spiega il perché di questa errata disposizione, rilevata anche da Casiglio in un suo contributo critico (Umberto Fraccacreta nel suo tempo, cit., p. 78).

Non c’è dubbio, in ogni caso, sul fatto che le composizioni siano solo cinque. Oltre al contesto rurale e al sentimento ispiratore, le poesie che ci apprestiamo ad esaminare sono tutte in endecasillabi sciolti, di breve respiro, specie se rapportate ai poemetti, e passano dai trenta versi de Il gregge nero ai quarantacinque de La magalda, che è anche l’opera più articolata, divisa com’è in tre strofe di quindici endecasillabi l’una.

Ormai l’uomo parlava con la terra consta di due strofe uguali, ognuna di venti versi, e insieme alle due poesie appena citate rispetta quella sorta di regola del cinque che Fraccacreta applica nei libri del 1929 e del 1934. Misure dispari troviamo invece in La tomba d’oro (trentuno versi) e ne La mucca inferma (trentatré).

Il Pugliese, nel complesso, riconferma la sua fedeltà all’endecasillabo sciolto, utilizzato per narrare queste tristi storie di uomini comuni, ma anche di animali, che finiscono per condividere lo stesso tragico destino, simile ad ogni essere vivente che abbia avuto la ventura di venire al mondo.

Come sempre in Fraccacreta, l’opera d’arte nasce dalla sua indole malinconica e dolente, dalla sua esperienza di vita e da quei modelli letterari così cari, classici e moderni, ai quali più volte abbiamo accennato.     

Le prime quattro composizioni sono tratte dai Motivi lirici (pp. 121-131; da notare che il testo, negli Ultimi canti, presenta lievissime differenze, non sappiamo in che modo risalenti alla volontà dell’autore); la quinta è invece presa dal volume del 1948 (pp. 176-177).

 

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