TORNA IN LIBRERIA “LA POVERA VITA” DI ALFREDO PETRUCCI

 

 

Mimì Tombola è un infaticabile corteggiatore di uomini. Tutti quelli che, per motivi di lavoro, passano dal suo paesello. Mimì li blandisce e se li ingrazia utilizzando, volta per volta, ciliegie appena colte e adulazioni sul giornale del quale è corrispondente. Brutta copia di Bel ami, è untuoso pure con il “supplente postale” e la “guardia semaforista” (cioè, il guardiano del faro). Lo scopo è assai meno egoista di quello del personaggio di Maupassant: anzi, è generoso, altruista. Mimì vuoi sottrarre le quattro sue sorelle al destino zitellesco, ed è disposto a venir meno ai sacri doveri della cronaca per riuscirci; o per vendicarsi di chi ha cortesemente rifiutato. Mimì è il protagonista di Un fratello, una delle novelle più divertenti di La povera vita di Alfredo Petrucci. Il libro uscì nel 1914, per i tipi della Giuntini-Bentivoglio di Siena. A quasi un secolo di distanza, viene ripubblicato da Il Rosone di Foggia, curato da Francesco Giuliani.

Funzionario delle Belle Arti, Petrucci arrivò alla carica di direttore del Gabinetto Nazionale delle stampe. Fu incisore, romanziere, poeta, autore di testi per le scuole. E, naturalmente, novelliere. Era nato a Sannicandro Garganico nel 1888; e il Gargano, in La povera vita, viene richiamato più volte, con esplicite citazioni. Ma l’ambientazione non è invadente: non prende il sopravvento. Il suo microcosmo paesano non è folkloristico, vi si può agevolmente rispecchiare tutta la provincia italiana. Gli esiti più felici si ritrovano lì dove l’autore fa prevalere il grottesco, tratteggiando con dialoghi serrati e descrizioni veloci caratteri, situazioni, bozzetti. Sino ai comici paradossi di don Presbiterio, personaggio quasi pirandelliano in lotta (perdente) contro un nome che non gli piace.

Un umorismo di stampo “pirandelliano” aleggia anche altrove. Ad esempio, in Il Senato (che è poi la farmacia del paese) ed in Il tempo; in questi due racconti però emerge anche l’altra, più caratteristica vena di Petrucci: un naturalismo contro il quale si infrangono tutte le speranze e le illusioni umane di conoscenza e di dominio. Giacché la natura non si interessa alle sorti degli uomini, e caso mai le capovolge e le stravolge. E’ questa una vena che, in cerca di ascendenze nobili, si potrebbe definire “verghiana”; e che prende anche accenti languidi, come in La casa delle vergini; o tragici, come in Il nemico, che poi sarebbe il mare, “viscida bestia dal manto verde”, che uccide un ragazzino innocente. Gli echi dei Malavoglia sono evidenti.

Spesso Petrucci osserva l’ineluttabile, e alle volte (Il corno) l’addolcisce con il tenue balsamo della ras­segnazione. C’è anche la poetica delle occasioni perdute, o meglio mai arrivate, mentre il tempo passa inesorabile, come in Nostalgia dell'amore; peraltro una delle meno riuscite, come tutte quelle in cui l’autore sembra seguire un tema (anche Munda cor meum è così) e risulta retorico e convenzionale; e ne risente anche la lingua. Che invece, quando lascia correre la sua inclinazione allo schizzo, si impreziosisce di espressioni godibili come: “sudava come un uovo fresco”, “la terra si screpacciava”, “compassava la stanza”, “si era pipato un patrimonio come un sigaro napoletano”.

CLAUDIO GABALDI

 

Corriere del Mezzogiorno, Bari, 16 maggio 2007, p. 12

 

 

 

DENTRO IL GARGANO DI A. PETRUCCI

 

 

Nel 1914, ad appena ventisei anni, Alfredo Petrucci, futuro direttore del Gabinetto Nazionale delle Stampe di Roma, incisore, critico e scrittore, pubblica La vita povera, una raccolta di racconti che preluse ad un buon numero di libri generosi di prosa e di poesia. Petrucci, formatosi nel clima a cavallo tra verismo e decadentismo, prima di lasciare il paese natale, Sannicandro Garganico, guarda alla realtà in cui è cresciuto come a fissarla con l’occhio fedele di chi se la vuole imprimere nella memoria e portarla con sé alla scoperta del mondo. Il titolo potrebbe rimandare ad una storia di vinti, di comparse senza speranza di protagonismo, di vite fatalmente ‘provinciali’, periferiche.

Effettivamente, il clima che vi si respira è tipico di certe fette appartate di umanità, chiusa nelle proprie ossessioni o ferma ad una psiche incapace di andare oltre il proprio destino.

Le creature di Petrucci soffrono, amano, aspettano, aspirano, si illudono, si adeguano, ma non cambiano nella sostanza la strada prefissata. Si potrebbero, a questo riguardo, fare utili raffronti con altri scrittori di cose ‘comunali’, ad esempio, Salvatore Satta affrescatore della sua Nuoro; o con scritture più dirette, autobiografiche, testimoniali, che hanno radici nella tensione conoscitiva di un altro mondo.

Petrucci, pure così giovane, rivela una mano già esperta. I racconti intitolati Il Senato, Un fratello, Il compagno, La casa delle vergini sono compresi in una misura narrativa di sicura maestria.

     A Petrucci piace esaminare lo scorrere del tempo, il lento inesorabile sfaldarsi delle stagioni umane, il contraddittorio farsi della storia nella controluce della microstoria. Questa visione superiore delle cose gli evita subito il rischio di dare nel bozzettismo di maniera o nell’oleografia del sud tutto e solo agreste, consentendogli invece di iscriversi al più sicuro club dei verghiani.

Anche in altri racconti traspare ben riconoscibile il mondo garganico, ma l’intento di Petrucci non è evidentemente di offrire uno spaccato di folklore o di sociologia del locale. L’autore rincorre, invece, la rappresentazione realistica di un pezzo esemplare di umanità, ritratta in un angolo specifico di mondo, eppure assegnabile alla casistica universale del dolore e del riscatto, della sofferenza e della resurrezione. E’ un mondo compiuto quello di Petrucci, interamente rivissuto nella propria sensibilità e profondamente assimilato.

La lingua che ne sgorga è chiara e tutta oggettiva: un piccolo capolavoro di equilibrio letterario, che inaugura in prosa lo scenario garganico del ‘900.

 

SERGIO D'AMARO

 

l'Attacco, Foggia, 2 giugno 2007, p. 20.

 

 

       

 

     

 

 

NOVELLE DEL GARGANO LONTANO UN SECOLO FA

  «La povera vita» del promontorio

 

 

        Francesco Giuliani continua meritoriamente a rivisitare e riproporre testi pugliesi che si rivelano non solo interessanti per la storia letteraria del Gargano, ma anche alquanto piacevoli alla lettura, quasi che non risentano affatto del peso degli anni che da noi li separano. Dopo Il Gargano di Beltramelli, è ora la volta di un testo narrativo di Alfredo Petruccì, La povera vita.

Casella di testo:  
     Si tratta di una raccolta di novelle che Petrucci pubblicò nel 1914 per la Giuntini-Bentivoglio di Siena. Alfredo Petrucci, ben noto incisore e critico d'arte, era originario di San Nicandro Garganico dove nacque nel 1888. Studiò Lettere e Filosofia a Napoli per poi lavorare nel campo delle Belle Arti ad Ancona, a Siena, a Bari e infine a Roma, dove concluderà i suoi giorni. Ma il forte legame con la sua terra natale si rivela in ognuna delle sue manifestazioni artistiche, a partire dalle bellissime incisioni che illustrano alcuni volumi sulla Puglia e sul Gargano, passando dalle poesie nel dialetto del suo paese, Epigrammi della montagna, fino a vari romanzi e racconti.

    La povera vita è appunto una silloge di quattordici novelle di chiara ambientazione garganica: infatti, anche se l’autore non ne cita mai il nome, lo scenario che emerge dai racconti è sicuramente il suo paese natale. Più che sulle descrizioni d’ambiente, Petrucci si sofferma sull’osservazione di singole situazioni presenti in un paese garganico dell’epoca. Il Gargano allora era quasi da considerarsi un’isola, per via delle difficoltà di viaggio e perciò di comunicazione, protrattesi fino all’arrivo della ferrovia garganica nel 1931. E’ su quest’ambiente chiuso che Petrucci concentra la sua osservazione, con risultati che ci sorprendono.

    I personaggi che animano i suoi racconti appartengono a diverse classi sociali. Nella coralità del paese, spiccano farmacisti, preti, impiegati, contadini, perfino giornalisti e musicisti, e tante figure di donna. Abbiamo le zitelle che un fratello vorrebbe sistemare; quelle che fanno girare la testa a uomini soli come la giovane Alba in La nostalgia dell’amore.

    Ma le figure di donna più delicate si trovano in La casa delle vergini. Sette ragazze chiuse in casa invecchiano in attesa di «un cavaliere che andasse a rapirle come nelle leggende». La più giovane di loro ha un amore, e le lettere del suo amato portano la trepidazione nei cuori di queste «vergini sognanti». La maggiore, trentaseienne, decide di donare alla sorella più fortunata il suo corredo a cui ha lavorato per anni. La novella si chiude con la bella immagine di Rosalba che, piangendo, scuce il suo nome ricamato su un corpetto per scriverci quello della sorella. Le ragazze di oggi, se accadesse loro di leggere la novella, avrebbero certo qualche difficoltà a identificarsi in queste giovani donne recluse in un promontorio-isola, ma sicuramente si farebbero una minima idea di come potevano vivere le loro trisavole (e forse apprezzerebbero maggiormente la libertà di cui possono godere nel tempo in cui vivono).

    Certo è che cento anni non hanno tolto niente dell’incanto di questi brevi racconti di vita di paese, davvero una povera vita, come recita il titolo: una vita fatta di poco, dove una minima situazione venutasi a creare inaspettatamente poteva essere occasione per una svolta, e dove la tristezza, talvolta la frustrazione, cedevano il posto al marchio secolare della rassegnazione.

      

        MARIANTONIETTA DI SABATO

 

            Gazzetta del Mezzogiorno, Bari, 25 giugno 2007, p. 17

 

 

 

“LA POVERA VITA”, NOVELLE DI ALFREDO PETRUCCI

LA PRIMA RACCOLTA INTERAMENTE AMBIENTATA SUL GARGANO

 

E’ stata presentata presso il Tribunale della Dogana la nuova edizione della raccolta di racconti La povera vita di Alfredo Petrucci, riproposta a cura di Francesco Giuliani e con l’introduzione di Benito Mundi per le Edizioni del Rosone di Foggia. La serata, organizzata dalla «Fondazione Angelo e Pasquale Soccio» di San Marco in Lamis, con il patrocinio dell’Amministrazione Provinciale di Foggia e la collaborazione dell’associazione cultu­rale «Agorà», del Club Unesco di Fog­gia, del Lions Club «Foggia Arpi» e delle Edizioni del Rosone, si è articolata sugli interventi dell’avv. Lucio Miranda, presidente di «Agorà», del dr. Pierluigi Pinto, presidente del Lions Club «Foggia Arpi», della prof. Falina Marasca per le «Edizioni del Rosone», del dr. Carmine Stallone, presidente della Provincia di Foggia, del dr. Benito Mundi, presidente della Fondazione, del prof. Francesco Giuliani, italianista, ed infine del dr. Gaetano Cristino, critico d’arte.

La figura di Alfredo Petrucci è senza dubbio una figura poliedrica. Nato a Sannicandro Garganico il 12 marzo 1888 e morto a Roma il 15 giugno 1969, si laureava a Napoli in Lettere e Filosofia, facendo il suo ingresso nella carriera delle Antichità e Belle Arti fino a ricoprire il prestigioso incarico di direttore del Gabinetto Nazionale delle Stampe di Roma. Ma Petrucci è stato anche storico dell’arte, narratore e poeta, oltre che incisore e disegnatore. Tra le sue opere i romanzi La luce che non si spegne e Le parole per tutte le ore, le raccolte di novelle La povera vita e Romanzo d’una primavera, ed infine la silloge di poesie Esitazione della sera. La raccolta di novelle La povera vita, ora riedita in veste moderna, è in assoluto la prima ambientata nel Gargano. Considerevoli erano, per altro, la stima e l’affetto che il preside Pasquale Soccio nutriva per il suo conterraneo Petrucci. I due intellettuali si stimavano e si frequentavano a Roma già negli anni Trenta del Novecento. A tale assidua frequentazione della famiglia Petrucci nel periodo romano, come pure al rapporto di amicizia, instauratosi col tempo tra i due illustri esponenti della cultura garganica, si può idealmente ricollegare la proposta dello stesso Pasquale Soccio di affidare allo studio di Armando Petrucci i più antichi documenti originali del Comune di Lucera, in occasione della loro pubblicazione da parte della Società di Storia Patria per la Puglia.

Una vera e propria collaborazione editoriale tra i due scrittori garganici è invece destinata a concretizzarsi quando Alfredo Petrucci, mirabile incisore ed insigne acquafortista, concede le sue apprezzate acqueforti per illustrare magistralmente Gargano Segreto. A tale proposito, come rileva Gaetano Cristino, l’arte incisoria in Petrucci rimuove gli angusti confini in cui era stata relegata sin dai primi del Novecento per irrompere nella cultura generale sotto il profilo tanto della ricerca scientifica e della sistemazione storico critica della incisione italiana, quanto della pratica dell'arte, che ha quasi sempre come motivo ispiratore il Gargano, la Puglia e la sua gente. Petrucci, dunque, incarna come pochi quell’ideale, caro a Goethe, di uomo, di intellettuale armonioso, capace di padroneggiare tutti i mezzi espressivi per cogliere al fine l’essenza più intima di una realtà fatta di colori, musica e parole. Si tratta, senza dubbio, di un creativo in grado di conferire aura poetica persino alle descrizioni d’arte più tecniche.

L’analisi proposta da Francesco Giuliani delle novelle di La povera vita è pregevole.

Viene riproposta un’opera narrativa originale quanto profonda, in cui coraggio e rassegnazione convivono, si alternano, in un microcosmo popolato da personaggi riuscitissimi. Si tratta di una vita costellata da sofferenze, malattie e sconfitte in cui il Gargano è solo lo sfondo, per altro sempre affascinante, di una vera e propria lotta per l’esistenza intesa quale base dello sviluppo della storia umana. Leggi economiche e sociali condizionano l’esistenza degli individui e ne mortificano spesso gli ideali. Il progresso ha come unica molla l’aspirazione al miglioramento economico, che è viva ed operante a tutti i livelli sociali; nella lotta per la realizzazione di questa aspirazione l’uomo soccombe, nonostante la sua forza morale ed i suoi sforzi tenaci. Non troviamo in Petrucci una speranza che illumini la condizione umana, ma una dolente e lucida visione del dolore, della sconfitta, della solitudine a cui sono condannati gli uomini e le donne di La povera vita, malgrado la loro intima grandezza e forse, a volte, proprio per essa.

La nobiltà, la dignità, tanto dei suoi personaggi quanto del contesto socio-culturale garganico, è posta in luce da Alfredo Petrucci nei valori e nelle convinzioni profonde che li animano. Esse conferiscono un senso alla loro vita e sono importanti perché solo in nome delle loro convinzioni donne e uomini affrontano ed accettano il proprio destino. Sussiste un velo di pessimismo in tale concezione dell’esistenza umana che però non abbraccia esclusivamente il mondo degli umili, ma pervade anche tutti gli altri ambienti.

CORRADO GUERRA

Il Provinciale, Foggia, luglio-agosto 2007, p. 13

           

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