UMBERTO FRACCACRETA

QUANDO LA POESIA CREA L’IDENTITA’

 

 

In un periodo complesso e contraddittorio come il nostro, la poesia può fornirci davvero un aiuto prezioso, un contributo determinante alla comprensione di noi e delle nostre radici. Ecco perché il nostro ultimo lavoro dedicato a Umberto Fraccacreta è partito dal Monumento al Contadino, posto a San Severo in Via Minuziano. E’ un’opera d’arte realizzata da uno scultore di notevole valore, Matteo Germano, prematuramente scomparso qualche anno fa, che mostra un anziano lavoratore della terra, un cafone, come direbbero tutti in zona, e come diciamo anche noi, usando il termine nella migliore accezione possibile.

L’uomo è vecchio e stanco ed ha accanto a sé solo gli strumenti che hanno accompagnato la sua esistenza. Il suo aspetto, pieno di dignità e di forza, viene proposto come esempio a tutti i concittadini, ma, in generale, a tutti quelli che vogliono capire qualcosa del Tavoliere e del suo lato più nobile e significativo.

Su un lato del basamento sono riportati anche alcuni versi di Umberto Fraccacreta, tratti dal poemetto Il Pane: “Generosa è la terra nostra e grande/ e pia; esige il lavoro e ricompensa/ chi la tratta da madre…”. La scelta è stata molto felice e suggella un incontro tra personaggi e mondi apparentemente lontanissimi, l’anonimo contadino sanseverese e il benestante poeta, che però era anche conduttore in proprio di un’azienda agricola, come scrivevano sui suoi documenti. Dunque non c’è distanza e tutto si connette, portandoci a riflettere su quel microcosmo del Tavoliere che ha avuto in Fraccacreta un grande interprete poetico, l’uomo che ha saputo inserire nel tronco vitale della poesia la seconda pianura d’Italia.

 

 Fraccacreta visto da Luigi Schingo

 

Ecco perché siamo partiti da Umberto, “poeta di San Severo ma di esperienza e frequentazioni europee, colto e fine intellettuale del primo Novecento che risulta esser stato finora fin troppo ristretto nella formula di poeta del Tavoliere”. Sono parole di Michele Dell’Aquila, a lungo docente al Magistero di Bari, che accompagnò con la sua prefazione un nostro lavoro del 1990. Per noi furono frasi significative, visto che in altri volumi il professore era stato severo con Fraccacreta, condizionato, forse, dal clima di altri periodi più iconoclasti e indifferenti al fascino del passato e dell’identità. Poi, però, la rilettura dei versi di Umberto aveva portato ad un ripensamento doveroso quanto significativo.

Forse è giunto il momento che anche altre persone riprendano in mano i versi di Fraccacreta, gustando e meditando. Pensiamo, in primo luogo, ai tanti giovani che non hanno mai sentito parlare di poemetti come Il Pane e La strada d’erba. Nelle nostre scuole si dovrebbe trovare un momento per riflettere sul destino del nostro mondo, con le sue peculiarità. Solo chi si conosce bene può aprirsi al dialogo e al confronto con l’altro: non c’è altra strada. Ecco perché è importante la lettura di questi endecasillabi, eleganti ma comunicativi, ricchi dell’eredità preziosa della tradizione letteraria italiana ma affabili e suggestivi.

Nei versi de Il Pane c’è la forza di tanti nostri predecessori, che hanno saputo mutare il volto di una terra dopo secoli di immobilità forzata; in più, c’è il fascino delle albe e dei tramonti, delle visioni inconfondibili di una distesa che si stende fino al Gargano, alto sull’orizzonte. Ne La strada d’erba, poi, c’è la gentilezza dell’amore tra figli di due terre legate dalla transumanza, l’abruzzese Antonio e la pugliese Anna. Il cuore del pastore viene rapito dalla visione della bella donna di pianura e l’amore alla fine trionfa sulle sventure e sui pregiudizi.

Una favola in fondo moderna, come moderna e vitale è la poesia di Umberto, aperta, nel contempo, anche al rimpianto di una pianura che oggi appare stravolta e devastata.

E dal rimpianto al desiderio di fare qualcosa per salvarla e migliorarla, il passo può diventare breve. Anche questo è un dono della poesia di Umberto Fraccacreta.

   

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