PRESENTAZIONE

 

Ancora una volta Armando Perna si ripresenta al giudizio dei lettori con un testo interessante e singolare, in cui ha saputo esprimere i suoi valori e i suoi sentimenti più profondi.

Lo avevamo lasciato alla fine del 2005, quando aveva pubblicato un denso volume sulla sua città natale, Note ed approfondimenti sulla storia della città di San Severo. Si trattava di una raccolta di articoli di terza pagina, in cui si partiva dalla preistoria, per poi risalire, secolo dopo secolo, fino ai nostri giorni. E’ stata un’idea felice, che ha trovato il giusto riscontro da parte degli appassionati e degli addetti ai lavori. Ora, a distanza di poco più di due anni, egli riprende il suo cammino proprio dall’amore per le radici, peraltro mai obliato o sconfessato, per soffermarsi su di un cruciale periodo, quello a cavallo dell’Unità d’Italia.

Perna, non c’è dubbio, continua ad essere un intellettuale legato al proprio mondo, a quel Tavoliere dove ha sempre vissuto, offrendo il proprio contributo di insegnante per ben quarant’anni.

 Di qui deriva una parte importante dei suoi libri, dalla silloge di poesie Veroni a sera, del 1993, al romanzo Viaggio esoterico nella Daunia antica, che ha avuto più edizioni. Né va dimenticato il volume San Severo e il Tavoliere, passato per le mani di tanti studenti, di cui nel 1984 venne stampata la quarta edizione, con la prefazione di Nino Casiglio.

Ora è la volta di questo stimolante spaccato della vita di San Severo, che conosce, come tutto il Meridione, il passaggio dal regno di Francesco II a quello di Vittorio Emanuele II di Savoia. Era l’unità d’Italia, piena di tante speranze trasformatesi troppo presto in delusione. E’ una pagina che oggi viene finalmente raccontata senza ipocrisie e retorica, riequilibrando i giudizi e sfrondando un po’ di allori da certe teste.

E’ una storia lontana, ma anche molto vicina, com’è noto, e Perna non a caso ha fatto cadere su questo momento cruciale le sue attenzioni di uomo colto, di attento indagatore delle memorie cittadine.

Il libro si compone di una serie di densi ed asciutti capitoli dedicati ai vari aspetti della vita politica, sociale e culturale dell’epoca. L’autore, senza mai dimenticare lo sfondo generale, mette a fuoco gli eventi sanseveresi, cogliendone l’ampia valenza, ma anche, in altri casi, la forte peculiarità.

San Severo, non lo dimentichiamo, contava all’indomani dell’Unità d’Italia circa 17 mila abitanti, dunque era un centro di ragguardevole importanza, anche per la sua posizione nel cuore della pianura. L’istruzione dei giovani era molto carente, com’è facile intuire, ma c’erano anche, come segnala l’autore, 31 medici, 27 farmacisti e 60 laureati in giurisprudenza.

La stragrande maggioranza degli abitanti è occupata nel settore primario e resta delusa dalla mancata concessione delle terre e dal perpetuarsi dei soliti privilegi, tutelati dalle classi più abbienti proprio attraverso l’adesione al nuovo assetto nazionale. Perna si sofferma, giustamente, sull’insoddisfazione dei contadini e sulla rivolta del mese di gennaio del 1861, riprendendo anche alcuni documenti molto interessanti, in cui i “cafoni” colorano di nostalgia borbonica la loro rabbia, promettendo la giusta punizione a quelli che hanno “fatto del male verso del cafonismo”. Il loro italiano è stentato, ma sicuramente efficace.

        In altre pagine troviamo delle suggestive descrizioni del mondo agricolo dell’epoca. Si parla dell’allevamento, ad esempio, senza dimenticare un autore come Francesco Santelli, un avvocato sanseverese che pubblicò nel 1971, per i tipi della milanese Bietti, un libro intitolato Mio nonno tra i briganti, in cui si indugia sulla magia del tramonto in una masseria di San Severo (“Meraviglioso è poi l’incontro degli agnelli con il gregge. I piccoli sono tenuti chiusi nello stazzo per tutto il giorno, fino a che un polverone lontano annunzia il ritorno delle pecore. Allora vengono lasciati liberi e corrono, corrono incontro, gridando i loro bèe, disperati per il distacco, per il digiuno e nel contempo felici. In quel nebbione, ogni piccolo ritrova la sua mamma per il grido d’amore che distingue il suo belare da quello di tante altre mamme”).

Quella di Perna, come si nota, è una narrazione sempre aperta alle suggestioni letterarie, che spiccano anche altrove, chiamando in causa i versi di un poeta come Umberto Fraccacreta.

Utilissimi, poi, sono i riferimenti alle fosse del grano, che erano presenti ovunque a San Severo, da Largo Sanità a Via Alessandro Minuziano. Intorno al grano ruotava una parte importante dell’economia locale, ed è bene che le giovani generazioni lo ricordino. Lo stesso discorso vale per i mietitori,  che giungevano a frotte dalle zone costiere del Barese (i cosiddetti “marinesi”), ma anche da altre parti, spinti dalla povertà. Dormivano di notte all’aperto, dopo una giornata di duro lavoro, e talvolta erano anche impegnati in tristi lotte con i poveri locali. Come non ricordare che la nostra società è nata anche dalle loro sofferenze?

Altrove, Perna si sofferma su argomenti meno consueti, come i viaggi e le comunicazioni, senza dimenticare la nascita dei primi francobolli nel Meridione, che segnano una svolta epocale. La prima serie entra in uso il primo gennaio 1858, con sette diversi valori, da mezzo grano a 50 grana, che riproducono lo stemma delle Due Sicilie. Pochi anni dopo sarà la volta dei francobolli del nuovo re, che introducono la lira, una moneta allora poco amata dai nostri avi, ma destinata a rimanere in uso per quasi un secolo e mezzo, fino all’avvento dell’euro.

Il progresso avanza, nascono la linea ferroviaria adriatica e quella che porta a Napoli, evitando le insidie dei malfattori, ma il cammino è costellato di ritardi, sofferenze e delusioni. Tutto questo si ritrova nella prosa chiara e comunicativa dell’autore, che raggiunge il culmine dell’interesse nelle pagine in cui rievoca la triste vicenda del bisnonno, vittima dei briganti.

Siamo nel 1862 e un uomo fiero e operoso si oppone alla violenza dei soliti prepotenti della storia. Gli avvertimenti e le ritorsioni si susseguono; alla fine, dopo l’ennesimo rifiuto di piegarsi al ricatto, la sua opposizione gli costerà la vita, visto che sarà ammazzato. Ma questa vicenda ha uno sviluppo ancora più singolare, rappresentato dalla richiesta del brigante di battezzare il figlio appena partorito dalla vedova. “Così - scrive Perna - avvenne che mio nonno fu battezzato in segreto, dal probabile assassino di suo padre, e siccome era nato settimino, gli fu imposto il nome di Diodato”.  

Lasciamo tutti i dettagli della vicenda alle pagine di Perna. Di certo, attraverso questo squarcio familiare si dimostra, una volta di più, che la Storia ci riguarda sempre, anche quando si tratta di vicende lontane nel tempo. La verità è che il filo, magari talvolta per vie tortuose, riesce sempre a giungere fino a noi. 

Questo lavoro, nel complesso, che rifiuta la trattazione sistematica per ricostruire, attraverso tante tessere, il mosaico di un’epoca così cruciale e densa di avvenimenti, ha tutte le carte in regola per incontrare l’interesse del lettore curioso e amante della propria città.

FRANCESCO GIULIANI

Si tratta della Presentazione al volume di Armando Perna "Spaccato della San Severo che fu", Esseditrice, San Severo, 2008, pp. 181, euro 15.

 

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