PELLEGRINO DI PUGLIA, UN CLASSICO DI CESARE BRANDI

 

UN OMAGGIO ALLA NOSTRA TERRA

L’estate, se si ha un briciolo di accortezza, è un periodo che può conciliare la lettura, offrendo l’occasione per qualche approfondimento o per qualche incontro ravvicinato da sempre rimandato, per pigrizia o superficialità. Noi ci permettiamo di suggerirvi un libro di grande rilievo e bellezza, che è possibile acquistare ad un prezzo decisamente modesto: si tratta di “Pellegrino di Puglia”, di Cesare Brandi (Editori Riuniti, Roma, 2002, euro 14, pref. di Massimo Onofri).

         Brandi è stato uno storico dell’arte di notevole rilievo. Nato a Siena nel 1906 e scomparso nel 1988, ha progettato, nel 1938, assieme a G.C. Argan, l’Istituto Centrale del restauro, che ha poi diretto fino al 1959. Ha insegnato nelle università di Palermo e di Roma, mentre nel 1977 ha vinto il premio Viareggio per la saggistica. Accademico dei Lincei, fondatore e collaboratore di numerose riviste specializzate, firma prestigiosa del Corriere della sera, ha prodotto un grande numero di opere.

Tra le tante, anche quella in questione, che continua ad essere riproposta al pubblico con ottimi riscontri, a distanza di anni dalla prima edizione, che è del 1960, per i tipi della barese Laterza.

Si tratta di un’opera che attesta la profondità e la proficuità del suo legame con la nostra regione. A differenza di altri scrittori dell’epoca, Tommaso Fiore in primis, Brandi non si prefigge intenti di denuncia sociale, non vuole documentare i gravi problemi della Puglia, non scende sul terreno del giornalismo d’attacco, ma, al contrario, mira a fissare sulla pagina il legame che si è instaurato con questa terra protesa ad Est, che lui percorre in ogni direzione, il suo personalissimo e profondo punto di vista.

Il suo, in altri termini, come ricorda il titolo, è un pellegrinaggio laico, moderno, diverso da quelli religiosi del passato, ma non meno intenso e coinvolgente. Di qui il fascino di queste pagine, che hanno attraversato con successo gli ultimi decenni, dominati da una visione ideologica della realtà, per arrivare alla nostra epoca post-ideologica, e dunque particolarmente incline a recepire il messaggio dello scrittore senese.

Brandi ha l’occhio vigile e la penna affilata, ha uno spirito originale e non appesantito dalla dottrina, è insieme disincantato e pronto a cogliere l’incanto della Puglia, lasciando sempre aperta la porta alla sorpresa. I suoi capitoli sono brevi, ma densi di argute notazioni, talvolta persino felicemente bizzarre. Basta poco, pertanto, per farsi trascinare da lui nel suo itinerario pugliese, che passa, ovviamente, anche per la nostra terra.  

 

Pellegrini di Puglia. Martina Franca

                                   LA BENZINA DI SAN SEVERO

Sette capitoli, in particolare, sono dedicati alla Capitanata, mostrando Brandi sulle tracce di Federico II, che agita i suoi pensieri, nella visita che fa a Foggia e a Lucera: “E lui che non credeva a niente, e che ha apertamente accusato di impostura Mosè, Cristo, Maometto: agli indovini credeva”. Di qui l’ultimo atto della vita di Federico, che a Castel Fiorentino si ricordò di una predizione e dettò il suo testamento, tutto commosso.

Brandi dedica molto rilievo, com’è giusto, anche al Gargano, finendo per ritrovarsi dalle parti di San Severo, che diventa protagonista, volendo o nolendo, di un divertente episodio. Lo storico dell’arte e i suoi compagni di avventura stanno per dirigersi sullo sperone della penisola, per un viaggio più volte rimandato, ma l’autovettura ha bisogno di benzina, mentre il cielo si riempie di nubi.

“Si stava- si legge nel capitolo “Rodi Garganica”- a dieci chilometri da San Severo: e non passava nessuno, neanche in bicicletta. Era una strada in sciopero, o con l’interdetto pei miscredenti, che non si muovono in pellegrinaggio”. L’aiuto ricercato viene offerto da una guardia campestre, fortunatamente comparsa sulla strada, che offre un fiasco di benzina ai forestieri, permettendo alla vettura di raggiungere, non senza difficoltà ed ansie, la città dell’Alto Tavoliere. E così “i colonnini coi chilometri passavano ragionevolmente lenti, come i misteri del Rosario: ma passavano, e quando si arrivò a quello che ne segnava solo due da San Severo, si seppe che ormai la disdetta era vinta. La proboscide del distributore sembrò una trasfusione di sangue. Quando si uscì da San Severo- con quelle case a un piano, in un lago di luce- si era buoni, amanti del prossimo, pronti a trovare tutto bello, tutto interessante, tutto degno di ricevere un milione di turisti all’anno”.

Brandi dedica una sola notazione alla città, come si nota, ma felicissima, cogliendo la presenza dei tradizionali sottani, in un trionfo di luce. La città e la pianura circostante appaiono vivissime, inserite in un contesto divertente, segnato dalle invenzioni linguistiche dello scrittore toscano, facile agli accostamenti più inconsueti, pronto a cavare la nota ironica o paradossale, senza però stravolgere il paesaggio, il volto peculiare della parte pianeggiante della Puglia.

Da San Severo, poi, la vettura va incontro alla bellezza del Gargano, senza tralasciare la Foresta Umbra, nel cuore dello sperone. E’ il trionfo di una bellezza incontaminata, anteriore alla civiltà. 

“Pellegrino di Puglia” è ricco di pagine simili, che spaziano dal Nord fino al Salento, con un’ampia ed acuta panoramica. E’ un testo da assaporare un po’ alla volta, come si addice a simili libri, che offre continue sorprese.

L’opera costituisce, al fondo, anche un atto d’amore verso la Puglia, che non può che inorgoglire in particolar modo proprio noi pugliesi, ragion per cui andrebbe letta da tutti almeno una volta nella propria vita. Meglio prima, ovviamente; magari in una di queste lunghe giornate di luglio dell’anno di grazia 2005.

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