GIUSEPPE ANNESE, L'INTELLETTUALE DEL RIFIUTO

 

 

LA NUOVA EDIZIONE DI "MORIRE DI SPERANZA"

 

E’ tornato in libreria uno dei libri più importanti legati alla nostra terra, ossia “Morire di speranza”, il volume postumo di poesie di Giuseppe Annese. Si tratta di una novità che non potrà che rallegrare gli amanti dell’arte e della cultura.

L’opera, a cura di Benito Mundi e con un saggio critico di Francesco Giuliani, è stata inserita nella collana “Testimonianze” delle Edizioni del Rosone di Foggia, di cui costituisce il quarto volume.

Siamo di fronte, per la precisione, alla terza edizione di “Morire di speranza”. Una prima volta il libro venne edito nel 1985, a cura dell’Amministrazione Comunale, a cura di Benito Mundi ed Editza Loke, una seconda nel 2000, nell’ambito di una serie di validi volumetti voluti dal settimanale foggiano “Protagonisti”, a cura di Michele Trecca. Ora si è giunti ad una nuova edizione, che ha dato all’opera una veste tipografica “classica”, degna di un tale lavoro.

Quando, nel 1997, venne edito il romanzo “Macerazioni divertenti” dalla leccese Besa, sulla stampa nazionale si parlò di un piccolo classico del nostro tempo; riteniamo che la definizione possa essere estesa anche alle liriche di Pinuccio Annese, anch’esse lasciate inedite in un cassetto, in quel lontano 1979, quando lo scrittore lasciò prematuramente questa terra.

       Da allora, l’attenzione intorno a questo geniale personaggio non si è spenta, anzi, ha conosciuto momenti di grande intensità, e tutto questo ha anche attirato le attenzioni dei critici e degli innamorati dei suoi versi.

Da parte nostra, a più riprese ci eravamo occupati della produzione poetica di Annese e questo nostro quadro, diventato via via più chiaro ed articolato, ha trovato ora la sua sistemazione più consona, nelle 37 pagine che formano il saggio introduttivo, “Le poesie di Giuseppe Annese”, e la scheda biobibliografica dell’autore. In questo modo, riteniamo, il libro ha trovato una chiave di lettura che permette, almeno nelle intenzioni, di familiarizzare con le ballate e le liriche di Pinuccio Annese, non sempre di facile comprensione, in verità, ma sempre dense e originali.

Oltre a ciò, un merito di questa edizione è nell’aver conservato le pagine di Nino Casiglio e Giuseppe Migneco, anteposte all’edizione del 1985 ed ora sistemate in appendice, con il dovuto risalto. Un modo, questo, per arricchire il lavoro.

Non manca, inoltre, una documentazione iconografica. Sono riprodotti, in particolare, alcuni quadri dello scomparso, che affiancò all’amore per la scrittura anche quello per la pittura, e due foto di Pinuccio. La seconda, forse, ha un particolare rilievo, visto che riproduce lo scrittore insieme al padre, il farmacista Pietro. Chi avrà la pazienza di leggere le nostre pagine apprenderà che in fondo l’intera esistenza di Pinuccio è stata una sotterranea sfida con il genitore, così diverso da lui. Ognuno è diverso e uguale rispetto al padre, e questo è un fertile terreno di analisi per i critici, ma anche per chi guarda alla realtà umana con un occhio attento.               

 

 

 

 

 

IL RIBELLE ANNESE

 

Giuseppe Annese rifiutò quello che sembrava il suo posto, nlla farmacia paterna, e ritenne necessario andar via da San Severo, anche se questa città gli restò sempre dentro, come spesso si verifica in simili casi.

II materiale pubblicato in Morire di speranza rappresenta il frutto di una stagione, visto che in seguito la prosa prenderà decisamente il sopravvento ed egli scriverà articoli, racconti, lavori teatrali e alcuni romanzi. L'attenzione riservata ai suoi versi, all'inizio quasi maniacale, finirà pian piano per scemare e alla fine le sue liriche si configureranno come la testimonianza della sua maturazione di uomo e di scrittore.

Dei riferimenti in tal senso li troviamo in Macerazioni divertenti, dove sotto le spoglie di Matteo Misura si intravede in modo fin troppo trasparente lo scrittore, con le sue esperienze sanseveresi, il suo periodo trascorso da militare, la sua permanenza per poco meno di un anno a Padova, come procuratore legale, e infine l'arrivo a Milano.

Nel romanzo, addirittura, l'approdo nel capoluogo lombardo viene giustificato con il bisogno di far conoscere le poesie, per poterle dare alle stampe: "Bisognava lasciare Padova ed andare a Milano a pubblicare le Ballate". E la prima parte del romanzo si chiude, poco dopo, con questo significativo periodo: "Le Ballate, Matteo non le pubblicò mai e il coraggio di tentare altri richiami si spense lentamente. Diventò prima pensiero puro, poi assurdità di altri tempi".

Oggi nei suoi versi troviamo con chiarezza il senso di una vita trascorsa in una ricerca affannosa e talvolta disordinata di qualcosa di più profondo della quieta rispettabilità borghese. Di qualcosa che riuscisse a strapparlo alla sua ansia e alla sua solitudine, per fargli avvertire il calore di una scoperta che ne riscaldasse fino in fondo l'anima.

Ma la parabola di Annese, va detto con chiarezza, non va certo letta su di un più riduttivo piano politico, bensì su quello, più alto e comprensivo, esistenziale,

I versi di Annese rifuggono da tutte le strutture metriche chiuse, inserendosi in modo naturale nella parabola della poesia moderna; essi non conoscono altra norma se non il libero abbandono all'ispirazione, all'illuminazione, allo scavo interiore.

Le strofe, di diversa misura, si susseguono obbedendo ad un'armonia tutta interiore, con una maggiore attenzione all'architettura strofica nelle “Ballate”, mentre in “Cifrario d'autunno” il poeta ritaglia degli episodi, dei momenti, guidando con un titolo la lettura.

Ma la ricerca di una musicalità più netta e coinvolgente si esprime in uno spiccato gusto dell'iterazione, che va oltre l'anafora per estendersi ad interi versi. Alcune liriche di “Cifrario d'autunno”, ad esempio, iniziano e finiscono allo stesso modo.

L'inquietudine e la solitudine del Nostro diventano nello stesso tempo ricerca e bisogno di esprimersi, per se stesso e per gli altri, ma senza gratuite concessioni al lettore, che cerca di seguire l'io poetante, non sempre riuscendoci, in verità, tra versi in cui affiorano qua e là momenti autobiografici, riferimenti storici e culturali, stilemi ermetici.

Le immagini trapassano danno corpo a vivide illuminazioni, a fulminee accensioni, ma sempre sulla base di una indiscutibile sincerità.

Del resto, poi, questa tendenza a seguire liberamente il proprio flusso interiore ritornerà anche nei due romanzi editi a tutt'oggi, “Serenità in agguato” e “Macerazioni divertenti”, dove i nessi logici si allentano per dipingere o schizzare una situazione, un personaggio. Nelle poesie, però, il più giovane Annese tiene a bada quel gusto cinico e irriverente che domina nei romanzi, quella risata demistificante che si compiace di giochi verbali e di sarcasmo, e anche quell'attenzione insistita verso una realtà prosaica, che connota non di rado l'opera apparsa postuma nel 1997.

Nei versi la parola si carica di risonanze, di effetti suggestivi, obbedendo ad un ritmo severo, austero, meditativo, che assorbe anche le note dissacranti, il realismo di certi passaggi poetici.

Le tre sezioni di “Morire di speranza” formano in effetti le diverse parti di un unico libro di poesia, comunicando una visione unitaria della realtà, una concezione del mondo in cui si riconosce la presenza dello stesso poeta.

Il dolore e la solitudine di “Cronache della pianura” non sono smentite da “Cifrario d'autunno”, che pure si chiude con un timido messaggio positivo (“Speranza dello straniero”), che lascia però subito spazio alle quattro “Ballate”, canti di delusione e di stanchezza, fino alla toccante, e più breve, rispetto alle altre tre, “Ballata della nostalgia mortale”.

Sono nel complesso versi disperati, ricordando il titolo, con tutte le oscillazioni della materia poetica, che non si piega ad una ratio discorsiva.

Il libro, dopo “Cronache della pianura”, si innalza nel “Cifrario d'autunno”, ricco di momenti molti belli, con dieci liriche di breve-medio respiro, legate cronologicamente agli anni 1956-57, quando svolse il servizio militare. Poesie come la terza dei “Blues” o come “Le stagioni” meritano un'attenta analisi, senza mai dimenticare che Annese è un letterato consumato.

E' molto significativo, poi, il fatto che la sezione si chiuda con una composizione aperta ad una positiva attesa, dopo molti momenti pervasi in profondità da sconforto e pessimismo. Ma sarà una breve illusione, come attestano le quattro “Ballate”.

Probabilmente la scelta del nome di ballate si collega alla volontà, sia pure realizzata in modi particolari, di raccontare, di narrare una storia, come nelle ballate romantiche.

E si tratta di quattro dolorose vicende: la storia del definitivo addio alla giovinezza, nell'approdo ad una triste consapevolezza della realtà (“Ballata d'amore alla frontiera”); la rievocazione, nel segno della vanità e dell'inutilità, di una vita sfuggita tra le mani ad una donna meridionale, maturata nel suo stesso ambiente cittadino (“Ballata della fanciulla invecchiata al Sud”); la tormentata ma ormai salda certezza che il mondo non cambierà e che tutto, nella migliore delle ipotesi, si adeguerà alla solita logica gattopardesca, malgrado la morte e le sofferenze (“Ballata del domani oscuro”); la rievocazione di un amore intensamente vissuto da un animo tormentato, che ne canta ora in modi struggenti la mancanza (“Ballata della nostalgia mortale”).

Si tratta di pagine intense e ardue, ma lo sforzo di penetrare nella sostanza poetica di Annese è davvero giustificato dalla loro bellezza. Da non perdere, specie oggi che è disponibile, ad un prezzo accessibilissimo, un’edizione ben curata graficamente e ricca di contenuti.

 

 

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