“INGANNI” DI RAFFAELE VESCERA

LA CAPITANATA AL CENTRO DELLA STORIA

 

        A distanza di 12 anni, Raffaele Vescera ha pubblicato una nuova edizione del romanzo “Inganni” (Claudio Grenzi Editore, Foggia, 2006, pp. 203, euro 15), che sta ottenendo un lusinghiero successo.

        Foggiano, Vescera coltiva da molti anni l’amore per la scrittura ed ha tra l’altro pubblicato nel 2003 il romanzo “La mala vita di Nicola Morra”, in cui racconta le vicende del noto bandito galantuomo della nostra terra.

        La seconda edizione di “Inganni” è il frutto di un’attenta e paziente riscrittura, figlia dell’amore che egli nutre per l’avvincente storia del barone Nicola Scassa e della principessa Lauretta Zunica. Siamo di fronte, per essere più espliciti, ad un bel romanzo di storia e di invenzione, ambientato in Capitanata all’inizio dell’Ottocento, in un periodo ricco di sconvolgimenti, tra rivoluzione e restaurazione. La fantasia si sostiene sullo studio di molti documenti dell’epoca e sulla suggestione esercitata dalle pagine di uno scritto del celebre Stendhal.

        Quando si alza il sipario, ci imbattiamo nel protagonista assoluto del libro, catturato dai briganti di Vardarello, che rievoca per il capobanda la sua avventurosa storia d’amore per Lauretta, che lo ha costretto a lasciare Lucera, la città galeotta, dove i due vivevano e si sono incontrati. Le pagine dedicate a questa vicenda amorosa ci sono sembrate le più belle in assoluto del romanzo, con la loro freschezza e la loro rievocazione di un azzardo che rischia seriamente di trasformarsi in tragedia.

        La passione scoppia tra i due giovani, coinvolgendo anima e corpo, e Nicola supera ogni ostacolo frapposto dei familiari di lei, come in una novella di Boccaccio. Lucera appare davvero viva, nelle sue antiche tradizioni di capitale della nostra provincia, da nobile decaduta che nella memoria sa far risplendere i suoi fasti perduti.

        Il tema centrale dell’amore si complica e si arricchisce, per la gioia del lettore. Nicola diventa brigante, seguendo Vardarello, coltivando un suo ideale di giustizia e scampando alla distruzione dei suoi compagni d’avventura. Egli ritrova in seguito anche Lauretta, ormai sposata, che vorrebbe diventare la sua amante, ma Nicola non accetta di dividerla con nessuno, tanto meno con il marito, e così le strade dei due si allontaneranno per sempre.

        Il finale, però, è tragico, con Nicola che, novello Ortis, si lascia andare, nell’Epilogo del romanzo, a numerose ed amare riflessioni, prima di tuffarsi nella Senna (“Un sol tuffo nella Senna dissolverà tutte le mie disperazioni, ponendo fine, in anticipo sugli obblighi della vita, alla decadenza della mia irripetibile esistenza”).

        “Inganni” è un romanzo denso e ben calibrato, che si fa leggere con avidità. Ha un inconfondibile sapore romantico, ottocentesco di nome e di fatto, descrivendo una Capitanata bella ma mal governata, in cui non mancano aneliti di libertà e di giustizia, soffocati dal potere dispotico e infido dei Borboni. Il Regno di Napoli è il regno più bello del mondo, si legge a più riprese, e la sua triste e cruenta decadenza si apre a lampi di bellezza e di rimpianto.

        Il gusto dell’avventura è sostenuto da una scrittura scorrevole e misurata, che si apre al fascino dell’epoca, con abili richiami e citazioni. Forse è di troppo qualche riferimento alla macrostoria, ma la scelta dell’autore è deliberata e non affidata al caso.

        Alla fine, chiudendo il libro, ci è rimasto non tanto il rimpianto per la sorte del protagonista, quanto il senso della complessità della nostra terra, la consapevolezza di quante contraddizioni hanno avuto il loro centro nel Meridione, terra di briganti e di prepotenti, di speranze e di ingiustizie, di amori sensuali e di monasteri. Di questa magmatica e caleidoscopica realtà, di cui noi siamo figli, Vescera ha saputo offrire un saggio suggestivo e singolare.

 

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