“UN GATTO ROSSO MATTONE”

L’ULTIMO ROMANZO DI GUIDO CROCI

 

         E’ un romanzo che incuriosisce immediatamente e che mantiene il lettore nel dubbio, di fronte all’inatteso fuoco di fila di molte pagine caratterizzate dal tema della pazzia. Ci riferiamo all’ultimo romanzo di Guido Croci, intitolato “Un gatto rosso mattone” (Pendragon, Bologna, pp. 165, euro 14).

Croci, romano di nascita, nella vita svolge un compito delicato e di rilievo, che lo porta spesso sulle pagine dei giornali; egli è, infatti, il direttore amministrativo dell’Università di Foggia, un ateneo giovane, ma cresciuto subito e bene. Oltre a ciò, il Nostro coltiva l’amore per la scrittura, diventato irresistibile da alcuni anni, tanto da spingerlo a scrivere e pubblicare, da solo o in collaborazione, quattro romanzi, in un breve volgere di tempo. Si tratta di “Humane” (2002), “Victor” (2005), “Luna” (2006) e “Lilì, la vita è tutta qui” (2007). L’elenco è destinato, tra l’altro, ad allungarsi ben presto.

Ma veniamo a questo romanzo, che presenta sulla copertina, manco a dirlo, l’occhio di un felino. L’opera è divisa in tre parti, abbastanza diverse tra loro. La prima, “Clara o della pazzia”, è concitata, incalzante, ricca di colpi di scena e di invenzioni. Le tessere sparpagliate del mosaico lasciano emergere pian piano la verità. Il protagonista, veniamo a sapere, è un uomo che porta con sé il peso di un omicidio compiuto vari anni prima. Ha ucciso Roberta, che voleva lasciarlo, avvelenandola. Ora è un cinquantenne che vive in Spagna, a Barcellona, e da tempo cammina di giorno e di notte sulle Ramblas, alla ricerca del senso della vita, in compagnia di un gatto dal pelo color rosso mattone, come si ripete più volte, in modo quasi ossessivo.

L’uomo ama Clara, di molto più giovane di lui, che si suiciderà, dopo essere stata improvvisamente abbandonata. Un suicidio per amore, il suo, la cui notizia raggiungerà il protagonista sin nell’interno di un monastero di benedettini, posto al centro della seconda parte del romanzo, “Padre Roberto di Santa Maria de Villanova o del legame con la vita”.

Ad una prima parte tanto agitata, dunque, seguono pagine più distese e riflessive. E’ una sosta nella vita dell’uomo, troncata dalla ferale notizia, che lo riporta di nuovo nel mondo. Di qui il tragico epilogo raccontato nell’ultima parte, “Il gatto rosso mattone o dell’affrancamento”.

Anche l’ex padre Roberto si toglie la vita, sancendo definitivamente la mancanza di un lieto fine. L’amore felice domina nelle favole; qui, in queste pagine a tratti balenanti, a tratti sconcertanti, che affiancano provocatoriamente e volutamente riflessioni intellettualistiche a notazioni più prosaiche, domina la morte, a sancire l’assurdità di un’esistenza che non si apre a soluzioni e a solide certezze. E’ uno dei leit-motiv della narrativa di Guido Croci, che qui ritorna in modo prepotente.

Siamo di fronte ad un romanzo che richiede complicità, partecipazione, che vuole tenere il lettore sulla corda, chiarendo solo alla fine il risultato finale, che altro non è se non un dolente e riuscito affresco della nostra umanità.

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