“IO, L’UOMO E GLI AMICI”

LA FEDELTA’ ALLA POESIA DI EDIO FELICE SCHIAVONE

 

 

Edio Felice Schiavone è da poco ritornato in libreria con un pregevole volume di versi, intitolato “Io, l’uomo e gli amici…” (pp. 83, Genesi Editrice, Torino, euro 10). Nato nel 1927 a Torremaggiore, Schiavone è stato a lungo primario di pediatria, poi, andato in pensione, si è concentrato ancor più sul suo amore per la poesia, che ha sempre coltivato. Attualmente risiede alle porte di Bari, a Santo Spirito.

Il suo primo lavoro pubblicato è del 1961, “La morte non ha la smorfia del teschio”, seguito poi da varie altre sillogi, fino al 2002, quando ha dato alle stampe “Poesia dove”, per una casa editrice di Taranto. Il suo nome è presente in varie antologie e raccolte di articoli, come “Il cigno e la cicala” di Daniele Giancane, del 2004.

Al telefono, quando ci preannuncia l’arrivo del libro, con la sua consueta cordialità, tiene a specificare che gli “amici” del titolo sono gli animali, ai quali dedica varie liriche. Lo stesso quadro ritratto in copertina, di Frans Pourbus il Vecchio, “Orfeo che incanta gli animali”, è intonato con l’argomento.

Schiavone racchiude nella raccolta poetica alcune delle opere più significative della propria produzione, poste accanto ad altre più recenti, come “Piazza Pitagora” e “Maggio 2006”, che completano il percorso artistico proposto dall’autore. Un cammino di fedeltà alle ragioni interiori, che lo ha reso estraneo a mode ed effimere tendenze. 

 

 

Le pagine più belle sono forse quelle iniziali, nelle quali ci imbattiamo in una serie di intensi ritratti del Sud, sempre presente del resto nella sua poesia, visto come specchio pregnante della realtà, senza compiacimenti e finzioni, senza eccessi di colore e distorsioni retoriche.

Sud è posare lo sguardo sulle cose di ogni giorno, tirandone fuori la carica poetica. Si pensi a “Notturno”, con il suo richiamo all’inverno del 1938, e a “Vico storto San Nicola”. Qui le immagini sono tratte dal mondo dei ricordi e giungono al lettore cariche di essenzialità e di forza di suggestione, come testimonia tra l’altro “Paesaggio antico”: “Polvere di ‘vianova’ bianco-perla/ (a luglio calda e soffice/ se scalzi si correva/ aggrappati al barroccio)/ e gli zoccoli - timpani solenni-/ di cavalli fieri di schiuma./ Al guizzo del calesse/ di pietruzze sibilavano/ gialli canneti d’arsura”.  E’ un quadro che molti conservano nei ricordi e che ritrovano in questa pagina di rarefatta e concentrata ispirazione.

            La vena di Schiavone è austera, talvolta dolente, ma mai del tutto disillusa. Il poeta sa anche trovare le sue consolazioni, come nelle liriche dedicate al cane York, amico scodinzolante e fedele, “con il suo sguardo attento, curvo di anni,/ a volte buono, a volte/ grande quanto l’attesa”. Un’altra poesia, formata da tre brevi strofette, si intitola “Un gatto-un vecchio-un cane”, allargando il quadro anche ad un felino.

Ovunque troviamo squarci di ispirata poesia, che si aprono anche all’attualità, come in “Golfo Persico 1991”, che prende spunto dalla nota guerra nata con l’invasione del Kuwait e la reazione degli Stati Uniti.

In quest’ultimo libro, nel complesso, troviamo ben rappresentate le varie fonti di ispirazione di Schiavone, un autore nel quale il rapporto con la parola si carica di una profonda valenza etica.

 

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