PRESENTAZIONE

LA CULTURA DAUNA VISTA DA DUILIO PAIANO 

 

Da qualche anno Duilio Paiano ha preso a dilettarci con i suoi lavori, che rappresentano ormai l’altra faccia dell’uomo di comunicazione, del provetto giornalista che conosciamo da qualche decennio.

Ora è la volta di Voci e volti della cultura dauna, un volume che sviscera un tema quanto mai interessante, facendo appello alla sua lunga esperienza, alla sua memoria storica, a contatto con personaggi che hanno lasciato un’eredità d’affetti da salvaguardare e far fruttare.

La nostra società dai ritmi frenetici e spesso gratuitamente accelerati smarrisce troppo facilmente le più elementari coordinate di giudizio, fermandosi troppo spesso alle apparenze o ai meri pregiudizi, facendosi magari guidare dalle mode o dai soliti cattivi maestri, che purtroppo aumentano vertiginosamente, nella cialtroneria dominante. Questa situazione aumenta ancor più la necessità, per il vero uomo di cultura, di ritagliarsi uno spazio utile per diffondere i propri messaggi positivi, per dare il giusto merito ad ognuno, in omaggio all’imperativo evangelico.

Gli uomini che hanno bene operato vivono nella mente dei propri cari e dei propri amici, ma la memoria ha bisogno di fondamenta più solide, che sfuggono all’evanescenza dei ricordi orali. Di qui l’importanza di un libro simile, che si propone di rimanere agli atti, di fissare dei punti fermi, sulla base di valide motivazioni.         

           Detto in altri termini, Paiano ha il merito di aver posto l’attenzione su di un importante cenacolo culturale, che ha trovato un punto di riferimento in Franco Marasca e nelle «Edizioni del Rosone» che oggi perpetuano il suo nome, grazie all’opera della moglie Falina e della figlia Marida.  

           In tutte le realtà, intorno alle case editrici si sviluppa la cultura, aumentano le iniziative, c’è un proficuo scambio di esperienze e di opinioni che favorisce la crescita di tutti. Ognuno vi giunge con il proprio mondo, incontrando persone con cui confrontarsi, con cui verificare la validità e la tenuta delle proprie convinzioni, rendendosi conto che la solitudine non è quasi mai una buona consigliera. La storia della letteratura, del resto, è piena di riviste e di centri di cultura, studiati con attenzione, anzi, con meticolosità, dalle corti rinascimentali alle riviste, fino alle varie case editrici.

            Questi centri culturali sono spesso altrove, nel tempo e nello spazio, ma possono essere anche vicino, a condizione di saperli riconoscere. In ogni caso, essi, se sono davvero tali, portano dei frutti positivi per il territorio, fungendo da elementi propulsivi, e dunque meritano attenzione.

          Arriviamo, così, alla Capitanata e all’esperienza delle «Edizioni del Rosone», con le sue collane editoriali, le sue riviste, le sue iniziative collaterali e, ovviamente, i suoi uomini, le menti e le penne attraverso cui il terreno è stato irrorato e reso fertile.

         Ed ecco, dunque, il pregio principale di questo lavoro, quello di aver focalizzato, circoscritto, descritto e studiato un cenacolo di notevole importanza per il territorio. Messe insieme, tutte queste esperienze acquistano ora un valore davvero notevole, sul quale riflettere.

Paiano fissa i paletti con chiarezza, concentrandosi, oltre che su di una casa editrice e su un luogo fisico esistente a Foggia, in via Zingarelli, su otto esponenti del mondo della cultura, appartenenti a diverse aree della Capitanata, dal Subappennino al Gargano, che hanno segnato operato nella seconda parte del Novecento, spegnendosi, poi, in un infausto periodo, per la precisione il decennio che va dal 2001 ai 2011. Un decennio drammatico, lo definisce lo scrittore, ed ha ragione.

Nel 2001 ci lasciavano, a distanza di pochi mesi, uno dei grandi vecchi della cultura pugliese, il garganico Pasquale Soccio, e il professore ed editore Franco Marasca, stroncato prematuramente dal male del nostro tempo. Due personaggi diversi, ma uniti da una grande attenzione alla cultura che si lega al territorio, che non si muove sulle nuvole, ma si sposta sulla terra, basandosi sulle scuole, sulle biblioteche, sulle riviste, su tutte le occasioni che la società moderna offre agli uomini sensibili e di buona volontà.

        Di qui, seguendo un ordine cronologico, si passa ai due garganici Enzo Lordi e Filippo Fiorentino, al foggiano Stefano Capone, al faetano Enzo Rubino, al foggiano Lucio Miranda, per finire con il sanseverese Benito Mundi.

        Ovviamente, la vita e l’operato di questi personaggi non sono circoscrivibili in limiti ristretti, ma tutti hanno lavorato anche in Capitanata e hanno trovato nelle Edizioni del Rosone un sostegno e uno stimolo, un incentivo all’impegno intellettuale.

        Sono loro, dunque, i protagonisti del volume, posti in prima linea per il loro valore e perché hanno varcato la soglia della vita, permettendo al biografo di tracciare un bilancio completo. Ma è anche vero che i nomi che idealmente li affiancano sono molti di più, e li ritroviamo nelle pagine di Paiano come testimoni diretti, come fonti di prima mano, un elenco tanto lungo che non è nemmeno il caso di tentarlo, ad evitare non volute omissioni.

        Di certo, tra i testimoni diretti c’è l’autore del libro, lo stesso Paiano, che ha conosciuto e frequentato quasi tutti i personaggi di cui parla, e che oggi, non a caso, continua per molti versi il loro lavoro, dirigendo i due periodici della casa editrice, «Il Provinciale» e «Il Rosone», e pubblicando libri di pregio, come il recente Tempi.

        Di questa conoscenza egli si è avvalso nel migliore dei modi, riuscendo a penetrare più in profondità nell’argomento, a interpretare con maggiore sicurezza i documenti disponibili. Ed è, questa, una precisazione importante, a nostro modo di vedere, dal momento che il libro in questione offre una ricostruzione attenta e documentata dei personaggi, servendosi di testi e articoli non sempre di facile reperimento, che formano le tessere del suo mosaico, del suo lavoro di storicizzazione.

Non a caso, del resto, Paiano ha aggiunto anche un’Appendice biobibliografica, consapevole che non poteva limitarsi ad un semplice testo di impressioni e di memorie. Qui è entrato in gioco il provetto giornalista, abituato a cercare le fonti, a ricostruire le relazioni tra i fatti, offrendo un ritratto che è una completa biografia intellettuale, vivificata dalle notazioni spicciole, dalle esperienze dirette rievocate con piacere.

          Operando in questo modo, l’Autore è andato oltre la memoria personale, entrando nel campo della biografia storica, degli eventi recenti fissati nelle proprie caratteristiche salienti, a futuro ricordo.

          Un libro di storia e di memoria, dunque, intorno a uomini che anche noi abbiamo in qualche modo conosciuto. Talvolta, come per Filippo Fiorentino, si è trattato di una conoscenza meramente intellettuale, dal momento che leggevamo con attenzione i suoi articoli, i suoi libri, ma non è mai capitata l’occasione per un incontro materiale. Prima, purtroppo, è arrivata la malattia, seguita dalla prematura scomparsa. Su Enzo Rubino e Enzo Lordi, invece, ci ripromettiamo, dopo aver letto le pagine di Paiano, di approfondire la conoscenza, procurandoci i rispettivi lavori.

           Quanto a Lucio Miranda, invece, ricordiamo bene la signorilità dei suoi modi, quel giorno in cui presentò con noi la nuova edizione de Il Gargano di Beltramelli. Un modo di essere che non passava inosservato, da giurista innamorato della cultura umanistica.

          Con Soccio, invece, abbiamo trovato il coraggio mancato a Paiano, ossia quello di recarci una volta a trovarlo nella sua abitazione foggiana, in compagnia dei suoi amici di sempre, e fummo sottoposti ad una sorta di prova iniziatica, non molto gradevole, in verità, che faceva parte delle consuetudini del preside. Egli recitava a memoria versi di poeti del Novecento, chiedendoci di indovinarne l’autore. Da allora in poi, preferimmo parlare con lui solo via telefono, trovando sempre un interlocutore attento e premuroso.

Quanto a Franco Marasca, lo abbiamo frequentato troppo poco, a differenza di Paiano, in questo indubbiamente più fortunato. A vederlo ci appariva austero e sicuro di sé, poi, una sera, a cena, scoprimmo l’amante della compagnia e della convivialità, e fu una gradevole rivelazione, anche questa, purtroppo, troncata dalla solita e spietata malattia. Ora, attraverso le parole del suo collaboratore giornalistico, ci sembra di conoscerlo meglio, tanto da poter sottoscrivere le sue lodi e il suo rimpianto.

Lo stesso discorso vale per Stefano Capone, poliedrico intellettuale foggiano, così intellettualmente esuberante, a dispetto dei suoi evidenti problemi di salute. Partecipammo con lui a qualche manifestazione, ne ammirammo l’acutezza di giudizio, poi l’evento che ha troncato le sue ricerche sul teatro napoletano, così apprezzate anche a livello specialistico e accademico.

La verità è che per noi il libro di Duilio Paiano è fatto anche di notizie improvvise, di ricordi dolorosi, come quello che si lega alla scomparsa dell’ultimo degli otto nomi, il nostro amicone Benito Mundi. Una telefonata nel cuore della mattina, che ci annuncia l’improvviso ricovero di Benito, poi un aggiornamento che non lascia alcuna speranza, a causa di un aneurisma. Tutto troppo in fretta, per una presenza pluridecennale, per l’amico con il quale avevamo diviso tante avventure.

Paiano gli ha dedicato delle pagine profonde, che speriamo facciano comprendere a tutti quanto lavoro abbia compiuto per la cultura di Capitanata, promuovendo da solo, a San Severo, la nascita del museo cittadino, per non parlare delle tante altre realizzazioni, sulle quali il biografo non manca di diffondersi.

Le nostre parole, in fondo, dimostrano quanto sia coinvolgente questo libro, quanti spunti e quante risposte possa suggerire ai lettori, e, a futura memoria, quante informazioni riesca a trasmettere a chi desideri conoscere meglio la vita culturale della Capitanata, vista attraverso alcuni dei suoi protagonisti.

Grazie, dunque, caro Duilio, per il tuo lavoro e la tua passione.

 

(il testo riproduce la Presentazione del volume, pp. 11-15)

 

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