IL SUPPLEMENTO AL GRANDE DIZIONARIO DELL'USO DI DE MAURO    

 

      E’ in distribuzione il primo supplemento, inquadrato tout court come settimo volume, del Grande Dizionario Italiano dell’uso, ideato e diretto da Tullio De Mauro, per i tipi dell’Utet di Torino.

      Il tomo porta il titolo di Nuove parole italiane dell’uso e si propone di fare il punto della situazione della nostra lingua negli ultimi anni, ma anche di testimoniare la continuazione dell’immane lavoro che ha portato alla realizzazione dei primi sei tomi.

      Il Grande Dizionario, ultimato nel 1999, ha visto gli uomini diretti da De Mauro impegnati per circa un decennio, con l’obiettivo di racchiudere in un unico corpus una parte consistente dei tesori del nostro idioma. Alla fine, è nato un dizionario ricco di 260 mila termini, ai quali si aggiungono le 130 mila espressioni polirematiche, ossia i gruppi di parole dall’unico significato, tipo “scala mobile”. I dati rendono il dizionario in questione il più ampio esistente sul mercato. Va detto, in verità, che lo stesso De Mauro, nell’introduzione al volume di supplemento, ricorda che un’opera lessicografica non si può valutare solo in termini numerici, ma anche per la coerenza, l’organicità, la chiarezza degli obiettivi che si propone, e su questo siamo perfettamente d’accordo.

       Il Dizionario si pone come bussola l’uso, l’utilizzo delle parole, distinguendo tra le varie categorie in cui si possono dividere i lemmi inclusi nell’opera, da quelli di utilizzo comune a quelli che si ritrovano nel canone dei grandi autori della letteratura italiana, da Dante al Novecento. E’ un’accezione senz’altro allargata di uso, ma in ogni caso motivata, senza dimenticare, sulla scia di un’illustre tradizione, quanto sia prezioso il valore unificante della lingua nazionale.

       Ma cosa aggiunge di nuovo questo settimo volume? In esso sono incluse altre 3.400 nuove parole. Si tratta di termini che circolano da pochi anni, ma anche, in parte, di lemmi che erano stati esclusi dai primi sei volumi, sulla base di valutazioni che non hanno retto ad una successiva verifica. Le parole accolte, spiega De Mauro, hanno superato uno scrupolo esame e dunque hanno maggiori probabilità di rimanere in uso anche nel futuro prossimo.

       Considerato l’impatto sulla lingua degli impetuosi cambiamenti della nostra epoca, è una scommessa non facile e non scontata, motivo per cui solo il tempo potrà illuminarci.

       Va detto, però, che la novità più importante è probabilmente costituita dalle correzioni, dalle integrazioni, dalle nuove accezioni e dalle retrodatazioni che si riferiscono ai 260 mila termini e alle 130 mila polirematiche dei primi sei volumi. Come amano ricordare gli studiosi della nostra lingua, la fine di un dizionario rappresenta spesso l’inizio di un altro progetto, la base di un nuovo lavoro. Nello specifico, l’ultimazione, nel 1999, del Grande Dizionario, ha spinto De Mauro ad una serie di verifiche e di approfondimenti, che hanno reso più completo e puntuale il lavoro. Uno sforzo che lo sviluppo delle tecnologie informatiche ha reso meno duro, permettendo di accedere a nuove banche dati, a nuove liste di parole nelle quali verificare, ad esempio, che un termine la cui prima attestazione sembrava risalire al Settecento, è invece già presente in uno scritto del Cinquecento.

        Ma come inserire tutte queste notizie? Le nuove tecnologie hanno anche offerto una comoda via d’uscita, grazie al cd-rom, allegato al settimo volume, nel quale è compreso l’intero corpus riveduto e corretto del Grande Dizionario. La scelta di De Mauro e dell’Utet è giusta ed apprezzabile, ma si presta anche ad alcune considerazioni: in questo modo i sei volumi cartacei (dal prezzo anche impegnativo…) perdono la loro completa autonomia; in altri termini, in certi casi bisognerà pur sempre inserire il cd-rom nel lettore, per verificare che non ci siano altre accezioni o che la nascita del termine non sia più antica di quanto dichiarato.

        La coesistenza tra volume cartaceo e cd-rom mostra i limiti, in questo particolare settore, dei testi cartacei, belli a vedersi ed a sfogliarsi, destinati a rimanere un patrimonio familiare, ma anche troppo “rigidi” rispetto ad un cd-rom che può offrire il punto dello sviluppo della lingua con molta più facilità. Intendiamoci: non è che l’italiano cambi di anno in anno, anzi, com’è noto, la nostra lingua è per eccellenza conservatrice, ma alcuni elementi del quadro pur sempre si modificano e un lavoro così importante, come il Dizionario dell’Uso, è tenuto a renderne conto, offrendo tutte le spiegazioni e i dettagli necessari. 

       Quanto ai nuovi termini, su circa 3400, ben 940 sono forestierismi, con una grossa preminenza degli anglicismi, che sono 763, dall’e-learning all’e-mail, dal downloader al DTD.

       Il mondo della comunicazione globale lascia il segno, com’è facile verificare, e i soli derivati con -tele sono più di cento. Non è un caso, d’altra parte, che molti neologismi siano stati attestati per la prima volta proprio sui quotidiani e sui settimanali, dal Corsera a Repubblica, da Panorama e l’Espresso.

       Si passa, così, da “carocanone” a “cyberspazzatura”, da “sissino” a “spaccavetrine”. I media, insomma, svolgono una parte di spicco, alla quale non vogliono rinunciare; per non parlare di internet, che proprio in questo supplemento fa capolino con i suoi termini più particolari, una presenza destinata, nelle previsioni, ad intensificarsi nel futuro prossimo.

       Il Grande Dizionario, nel complesso, si conferma un’opera fondamentale, destinata a trovare sempre più posto nelle biblioteche di chi ama l’italiano, una lingua che - e su questo De Mauro non ha dubbi - gode ancora di ottima salute, anzi, non è mai stato così popolare in Italia e nel mondo. Speriamo che lo stato di salute duri a lungo.

 

        Le Nuove parole italiane dell’uso, suppl. al Grande Dizionario Italiano dell’Uso, dir. da Tullio De Mauro, Utet, Torino, 2003.

 

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