A GIOCHI FATTI (SULLA NOVELLISTICA DI NINO CASIGLIO)

 

E’ vero quanto si dice comunemente, che la scomparsa delle persone costituisce la più inquietante spia del passare del tempo. All’improvviso, volti e facce che sembravano avere la consistenza dei campanili, alti sulla pianura del Tavoliere, scompaiono, lasciando un senso di vuoto, quasi una menomazione. Un soffio, e resta solo un pensiero malinconico, a sera, quando, sfogliando i libri della biblioteca, un’altra croce si aggiunge a quelle già esistenti.

E’ stato così nel novembre del 1995, quando l’ineluttabile Sorella ha portato via con sé Nino Casiglio, il professore che non aveva mai dimenticato un favore fattogli dal nostro bisnonno e che aveva sempre un pensiero per un nostro zio di cui era stato una guida negli anni giovanili.

I suoi testi sono finiti con naturalezza accanto a quelli dei due Fraccacreta, Angelo e Umberto, e di pochi altri grandi personaggi, anch’essi uniti nell’abbraccio della Sorella. Sono quanto di meglio ha espresso la nostra terra, e ne andiamo orgogliosi.

Bisogna avere pazienza nel giudicare: il tempo cancella gli allori, solleva l’apparenza e lascia la sostanza, la verità umana. E’ stato così anche per il professore, per il filosofo inquieto che non ha mai idolatrato il potere e la ricchezza, rivelando sempre nei fatti un grande coraggio.

Se diffidiamo dei parolai, di quelli che si trincerano dietro il baluardo delle ideologie o degli ideali, comportandosi in modo ben diverso, lo dobbiamo anche a lui. Le vere idee in cui si crede sono quelle che si mettono in pratica: questo lo diceva sempre, a parole sue, e noi ne siamo sempre più persuasi.

Casiglio, in verità, lo ripeteva in anni ben più difficili, quando tanti furbi scalavano le vette del potere, adeguandosi alle circostanze; egli, invece, preferiva dimettersi clamorosamente da sindaco, dando subito dopo alle stampe i suoi quattro romanzi, dal 1972 al 1983, e racchiudendo i suoi racconti in un volume come La chiave smarrita, del 1987.

Poi un operoso silenzio ha accompagnato i suoi ultimi anni, nei quali si è dedicato a lavori più brevi, propri di chi non riesce più a vedere in lontananza e sente gli anni pesare.

Le vicende che hanno portato alla pubblicazione del testo del 1987, presso una piccola casa editrice garganica, dopo aver pubblicato tre romanzi con la Rusconi, hanno fortemente influenzato, insieme a delle mere valutazioni di mercato, il giudizio sulla produzione novellistica di Casiglio.

A giochi fatti, però, il Pugliese può essere definito senza problemi un grande autore di racconti, un maestro in questo genere letterario, laddove in precedenza si pensava a lui come un romanziere tout court.

Fino agli ultimi tempi Casiglio ha riversato nella prosa dal breve respiro la sua inesauribile curiosità di fronte al mondo e agli uomini, la sua capacità di penetrare in profondità negli eventi e nelle anime, per cercare la verità nascosta, che non si identifica mai con quella vulgata.

Il suo occhio miope allora diventava capace di radiografare tutto ciò che giungeva fino a lui, per mezzo dei mass-media come attraverso i rapporti umani, in quella cittadina pugliese che non ha mai voluto lasciare.

La Puglia è una regione di intellettuali con la valigia in mano, ma lui ha scelto con risolutezza la strada più difficile, quella di chi resta, impegnato nel mondo della scuola come della politica, della cultura come dell’associazionismo in genere.

Docente e poi preside, consigliere comunale e poi sindaco, animatore di gruppi di ricerca storica e nume tutelare di tanti giovani e meno giovani, conoscitore dei problemi legati al mondo agricolo, egli non si risparmiava, anche se appariva sempre la sua particolare personalità, di chi dona, ma vuole scegliere modi e tempi, di chi non sa dire di no, ma non nasconde la predilezione per i libri della sua sterminata biblioteca.

Alieno dai compromessi, di certo, pronto a dire no a chiunque, senza troppi riguardi, se non era d’accordo.

Dalla sua penna sono venuti fuori con naturalezza, dagli anni sessanta in poi, una trentina di racconti, aggiungendo ai 13 editi nel 1987 i 14 pubblicati nell’Appendice del nostro Nino Casiglio. La lezione sbagliata, nel 1996, e alcuni brani inediti, dell’ultimo periodo, tra cui L’occhio del re, che presentiamo in questa sede per la prima volta.

         I racconti che formano l’Appendice erano stati affidati dall’autore a varie riviste, pugliesi e non, ma erano sempre rimasti in ombra, rispetto ai romanzi, malgrado la loro bellezza. Da essi abbiamo tratto il materiale per questo volumetto, che vuole rendere il senso della ricerca casigliana, attraverso 8 composizioni esemplari.

         Si tratta di un viaggio nella produzione del Pugliese che è anche un viaggio nel tempo, dal momento che partiamo dal ventennio fascista, che accompagna la maturazione dello scrittore, per passare attraverso la cruciale fase degli anni 1943-45, quando la sua cultura lo porta ad una militanza a sinistra, ma tra i moderati, professando sempre una ferma opposizione allo stalinismo.

          Nel dopoguerra le problematiche legate alla fine del tradizionale mondo contadino troveranno spazio in Acqua e sale, ma i racconti contengono anche il ricordo di persone legate alla sua città, della brusca intrusione della morte nel suo mondo familiare, fino all’osservazione dell’universo femminile, visto attraverso una madre ed una figlia.

          Si tratta di opere diverse, ma in grado di rendere in modo vivido le caratteristiche dell’arte di Casiglio, che sin dal primo racconto, Mistica fascista, mostra la sua estraneità ai modelli dominanti, ai miti dell’epoca.

          Il non senso di certe azioni si unisce alla fotografia di un mondo provinciale in cui la vita non è mai stata facile; egli non ha né il fisico del ruolo, né la voglia di idolatrare il potere, e nel secondo racconto, intitolato appunto Il potere (è l’unico non completo: abbiamo volutamente omesso, infatti, l’episodio della visita a Roma, da Mussolini, che viene ricordato già in Mistica fascista).

          La parte da noi riportata termina con queste illuminanti parole, riferite ai potenti dell’epoca (ma anche di oggi, di tutti i tempi): “Che si potesse non desiderare le prime parti, non riuscivano neppure a immaginare”.

          Il valore di una vita è affidato alla sua coerenza, alla sua dignità, alla nobiltà dei suoi fini, e il successo, la carriera, la vittoria in generale, non sono dei metri attendibili del valore. Anzi, non lo sono affatto, quando la conquista della prima fila è ottenuta con l’inganno, il compromesso e l’ipocrisia. E poco conta se certe lezioni si apprezzano di più con il senno del poi.

          Di qui lo sbaglio consapevole e sistematico di Casiglio, che non piega il capo alla lezione dei dominanti e che testimonierà con la sua vita la coerenza del suo comportamento.

          Ma i racconti illuminano anche altri aspetti del narratore, la sua capacità di scrivere delle storie in cui il senso della vita viene fuori da umili personaggi della provincia, che si ritrovano, come per magia, a tanti chilometri da casa. E’ la situazione del protagonista maschile di Aescia, Michele, che finisce i suoi giorni in Etiopia, dove sposa la bella dancala ricordata nel titolo, trovando la realizzazione negatagli in patria. Una storia di emigrazione alla rovescia, molto illuminante.

         Richiesta di notizie è un racconto bellissimo e commovente, basato su un fatto vero, imperniato sul dolore di una famiglia per la scomparsa dell’unico figlio, perito con tanti altri soldati nell’infelice campagna di Russia. Un simbolo del destino tragico di tanti giovani e insieme della sofferenza di cui è tramata la storia dell’umanità.

         Il tempo cancella tutto, anche il dolore di due vecchi genitori, ma almeno l’arte può fare questo miracolo. Una pagina esemplare.

       Guerre non combattute rievoca due vicende, del 1943 e del 1948, legate alle possibili ritorsioni tedesche, se gli invasori fossero ritornati in terra dauna, nel primo caso, e comuniste, nel secondo, se i rossi avessero vinto le elezioni. Per fortuna tutto finisce senza ulteriori danni.

        Dopo la bella rievocazione contenuta ne L’attrice, ispirata all’attrice di teatro Tina Lattanzi, troviamo una tra le più impressionanti pagine di Casiglio: si tratta di Piano americano.

        Pubblicato sulla “Gazzetta di Parma”, come per nasconderlo a quanti potevano collegare più facilmente l’arte alle vicende reali, il brano nasce dal dolore per la scomparsa della prima moglie. Così abituato di solito a nascondersi dietro le vesti del filosofo, così sottile nelle sue analisi, il Nostro dà ora sfogo ai suoi pensieri, con una vena che si ricollega per certi versi a Richiesta di notizie.

         L’ultimo brano, del tutto inedito, è L’occhio del re, che riproduce il testo del dattiloscritto autografo di Casiglio, che porta la data del 2 ottobre 1990. Il brano ci è stato fornito dalla prof. Marchitto, seconda moglie dello scrittore.

         Si tratta di un lavoro che si distende in un’attenta analisi psicologica di una madre che ha alle spalle vari fallimenti sentimentali, di cui avverte il peso, e di una figlia, che appare più libera e sicura. Il titolo dell’opera, al di là del senso particolare, finisce per diventare un simbolo trasparente delle qualità narrative e introspettive di Casiglio, del grande scrittore di racconti al quale nulla sfugge e che, ci auguriamo, saprà conquistarsi con questa iniziativa editoriale nuovi lettori ed estimatori.

A giochi fatti, lo merita ampiamente.

 

  

 

 

NOTA BIOBIBLIOGRAFICA

 

     Nino Casiglio è nato a San Severo il 28 maggio 1921, da una famiglia piccolo-borghese. Si laurea a Roma in Filosofia con Pantaleo Carabellese, poi in Lettere Classiche, con Gino Funaioli. Inizia ben presto la sua carriera di docente, poi di preside nei Licei. Nel 1971 diventa sindaco di San Severo per alcuni mesi, poi si dimette, nel 1972, lasciando la politica attiva.

      Nel 1972 appare il suo primo romanzo, Il conservatore, per i tipi della Vallecchi, che riscuote un buon successo; per molti è la sua opera più bella. Nel 1977 pubblica con la Rusconi Acqua e sale, che gli vale il Premio Napoli, raccontando la storia di un contadino pugliese. Nel 1980 è la volta del raffinato e profondo La strada francesca, che porta il lettore in un Seicento dettagliatamente descritto e insieme vicino al Novecento. Con questo romanzo vince il Premio Scanno. Nel 1983 pubblica, sempre per la stessa casa editrice milanese, La dama forestiera, in cui rievoca gli ultimi anni dell’ultimo principe di San Severo e della sua compagna, sviluppando il tema, paradossale solo in apparenza, della difficoltà di fare del bene.

      Nel 1987 è la volta de La chiave smarrita e altri racconti (Editrice Cittadella Est, San Marco in Lamis), silloge di opere significative, a partire da Verginità. Accanto a questa produzione narrativa, vanno segnalati molti studi storici e letterari, qualcuno postumo, come quello apparso nel 1998 sulla “Nuova Antologia” (Giambattista Gifuni, gen.-marzo 1998, pp. 166-172).

     Casiglio muore nella sua città natale il 16 novembre 1995.

      Un’ampia bibliografia di e su Casiglio è contenuta nel nostro libro Nino Casiglio. La lezione sbagliata (Felice Miranda Editore, San Severo, 1996), che in Appendice riporta 14 racconti sciolti dell’autore. Sul Casiglio autore di racconti, rinviamo al nostro saggio La novellistica di Nino Casiglio in “la Capitanata” (Foggia, 1997, pp. 169-204, con ulteriori dati sulla bibliografia e sui testi dei singoli brani). 

   

 

    Il brano sopra riportato è l'introduzione a Nino Casiglio, L’occhio del re, nella collana “Zerozerosud”, supplemento al settimanale “Protagonisti”, Foggia, 2000, a cura di Francesco Giuliani

 

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