“DA SANSEVERO A ROMA E VICEVERSA”

IN VIAGGIO CON MONS. BONAVENTURA GARGIULO

           

   

    CRONACHE DI VIAGGIO

   

    Nel lungo elenco delle opere scritte da mons. Bonaventura Gargiulo, vescovo della nostra diocesi dal 1895 fino alla morte, avvenuta nel 1904, ci sono vari testi di sicuro interesse. Tra questi, in particolare, segnaliamo un libro pubblicato nel 1899 a Napoli, nello “Stabilimento tipografico librario A. e S. Festa”, che si intitola “Da Sansevero a Roma e viceversa”. L’opera, di 262 pagine, prende spunto dal viaggio compiuto a Roma nel 1897, quando, insieme con altri prelati, venne invitato dal papa Leone XIII, in occasione della canonizzazione dei santi Antonio M. Zaccaria, fondatore dei Barnabiti, e Pietro Fourier, fondatore degli Agostiniani del Salvatore. La solenne cerimonia è fissata per il 27 maggio, ma mons. Gargiulo decide di anticipare la partenza, il 10 maggio, per fermarsi nell’amata città di Napoli, dove intende riposarsi per qualche giorno, presso i Cappuccini di Piedigrotta.

      In questa scelta ritroviamo tanti aspetti caratteristici della personalità del vescovo, che qualcuno ha descritto come un personaggio gretto e retrivo, mentre, al contrario, è un uomo e un sacerdote attentissimo a tutto quello che avviene intorno a lui, esperto conoscitore di cose e persone, ma per nulla disposto a transigere con la sua fede e con gli insegnamenti della gerarchia. Mons. Bonaventura amava viaggiare, amava osservare con attenzione la realtà, fissandola diligentemente sulla carta. Non a caso era un vescovo giornalista, che ha dedicato tante energie alla realizzazione di numerose testate, tra cui la nota “Ape Cattolica Sanseverese”, che non è sopravvissuta un solo giorno alla sua scomparsa, tanto era legata strettamente alla sua penna e alle sue cure.

     Il viaggio romano diventa una preziosa fonte di ispirazione, che trova una prima sistemazione negli articoli composti per l’“Ape Cattolica”, apparsi nel 1897 e nel 1898; poi, l’anno dopo, il tutto viene raccolto nel volume in questione, di cui abbiamo letto una delle non molte copie in circolazione, conservata presso la Biblioteca Universitaria di Napoli.

     Il sottotitolo è “Note di viaggio storiche, critiche, apologetiche, morali, biografiche, descrittive”, pagine composte, dunque, con un evidente fine edificatorio, ma anche informativo e pratico. Il libro è pensato per i suoi diocesani, come si legge nella pagina di “Presentazione”: “Partii, ma con Sansevero nel cuore, Diocesi e città, cui voglio tanto bene; e che vorrei vedere a sublime altezza. Partii coll’intenzione di scrivere su quello avrei incontrato per via, e su quello mi sarebbe accaduto, tanto per non perdere particella alcuna di bene”.

     Il tragitto viene percorso in treno, da San Severo a Foggia, per poi giungere a Napoli e infine a Roma. In questo cammino c’era davvero la possibilità di incontrare le persone più diverse e di osservare paesaggi e città di ogni genere. I treni erano scomodi già allora e gli inconvenienti non mancavano, tratteggiati efficacemente dall’autore, che nelle sue gustosissime pagine fa trasparire la sua spiccata curiosità di uomo al quale non sfugge davvero nulla di quello che avviene intorno a sé.

    Si pensi al capitolo intitolato “Alla Stazione di Napoli”. Nello scompartimento del vescovo, poco prima della partenza, proprio quando sembrava stesse iniziando un viaggio tranquillo e distensivo, entra “una coppia lombarda con una servetta, due cagnolini di Bordeaux, una gabbia con uccelli, e un mucchio di valigie, borse, barattoli con altri oggetti di viaggio. Che tipi! Il quarto viaggiatore era un automa: entrò muto, viaggiò muto, discese muto a Cassino, sempre cogli occhi fissi sopra un Corriere di Napoli, del quale non squadernava né ripiegava le pagine”. Un bel campionario di varia umanità! Per fortuna, nota il presule, i due cagnolini erano davvero bravi, “due tipi di gentiluomini, puliti, educati, quieti…due cani insomma che si facevano voler bene: e che valevano forse più dei padroni”.

    La penna di mons. Gargiulo sa essere anche graffiante, come si nota. Un’ulteriore conferma di ciò può venire dalla descrizione dei commercianti ambulanti romani. Con la loro petulante insistenza, essi tallonano i potenziali clienti per vendere una guida della città; se poi il cliente accetta, lungi dall’accontentarsi, propongono tante altre pubblicazioni, per spillare soldi ai malcapitati. “Un tale - aggiunge mons. Gargiulo - ne incontrammo all’uscir della Scala santa, che ci tenne seccati fin quasi a Porta S. Giovanni, né se ne sarebbe andato sì presto, se il Canonico Lamonaca non avesse fatta la voce grossa”.

 

                                                                                                                                  

  

 

    I CONFETTI DEL VESCOVO

   

    Il libro è diviso in capitoletti legati alle varie località che si trovano lungo la linea ferroviaria (a questi sono aggiunti, in epilogo, tre appendici, in cui si parla, tra l’altro, di Foggia e del santuario dell’Incoronata e di un pellegrinaggio al santuario di Monte Sant’Angelo).

    Di ogni luogo il presule ricorda i dati salienti, fisici, storici e religiosi, facendo evidentemente ricorso a guide turistiche già esistenti. Non mancano dei momenti un po’ stucchevoli, ma spesso egli riesce a personalizzare e vivificare il tutto, richiamando le proprie esperienze, citando nomi di amici, conoscenti, personaggi famosi del passato e dei suoi tempi.

    Si capisce, insomma, che mons. Gargiulo aveva davvero viaggiato a più riprese per l’Italia, pur rimanendo sempre legato alle sue radici campane (era nato a Sant’Agnello di Sorrento, nel 1843) e, dal 1895 in poi, a quella parte di Puglia dove lo aveva portato il suo ministero episcopale.       

     Da giovane, nel 1862, quando esisteva ancora lo Stato Pontificio, l’allora giovane frate aveva persino conosciuto Pio IX, del quale è orgoglioso di possedere tre medaglie e uno scritto autografo.

    Nelle pagine di “Da Sansevero a Roma e viceversa” il lettore di oggi ritrova una realtà di fine Ottocento molto diversa da quella attuale, nella quale ci sono numerosi centri isolati sulle montagne e sulle colline, ma in cui non manca anche una città tumultuante di vita, come Napoli, oggetto di una particolare attenzione. Mons. Gargiulo ama il capoluogo campano, caotico ma vitale, con il suo popolino povero ma mai triste. Roma, al confronto, è più austera, solenne, ma il presule sa orientarsi bene anche nella culla della cristianità, trovando altri spunti per la sua opera.

     

    

     Per il ritorno, dopo la solenne canonizzazione, il presule percorre a ritroso lo stesso itinerario, come del resto chiarisce il titolo del volume, chiudendo la narrazione con queste parole: “Alle sei e mezzo sono a Sansevero, la città dei Bianchi e dei Rossi, la città abitata da un popolo devoto, colto, pacifico, allegro e fantasioso, la città che è l’America delle Puglie; e di cui si dirà altra volta e con più ragione di causa e di riconoscenza. Ecco il Seminario che mi attende, ed innanzi tutti, la Camerata dei bambini che aspetta i confetti. Scendo e con me un mondo di devozioni da impartire, e la benedizione del Papa da impartire. Alle 7 sono nel mio dirupato Episcopio, dopo ricevuta la benedizione in chiesa. Deo gratis”.  

     Mons. Gargiulo ricorda, dunque, i due partiti politici dell’epoca, legati ai Masselli e ai Fraccacreta, aggiungendo una definizione, quella di “America delle Puglie”, che nella sua mente, immaginiamo, vuole alludere positivamente anche alla vitalità economica della città, nota come centro di commercio del vino. Bello, in ogni caso, ci sembra soprattutto il riferimento ai bambini ospitati nel seminario, che attendono con ansia i confetti di mons. Gargiulo, duro quand’è necessario, nei confronti dei furbi e dei prepotenti, degli impostori e degli approfittatori, laici o religiosi che siano, ma anche paterno e premuroso, pronto a comprendere, forte della sua solida fede, i desideri e le necessità del prossimo.

    

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