A CENT'ANNI DALL'INUTILE STRAGE

CLEMENTE, MARIO E GLI ALTRI...

 

 

Il centenario dell’“inutile strage”, ossia della prima guerra mondiale, che vide gli italiani impegnati sul fronte dal 1915 al 1918, è al centro di numerosissime celebrazioni, che si susseguiranno per tutto il 2015, com’è giusto che sia. In questo contesto commemorativo si sta doverosamente inserendo anche la pubblicazione di numerosi volumi, che affrontano l’argomento bellico dai più diversi punti di vista. Si passa dai libri di ambito nazionale a quelli locali, da quelli celebrativi a quelli polemici, in nome di un confronto che, in tempi come i nostri, segnati da un autoritarismo strisciante, da una parte, e da un egoistico disinteresse, dall’altro, appare pur sempre positivo.

In questo quadro si inserisce la pubblicazione di un prezioso testo, curato direttamente dai responsabili delle Edizioni del Rosone, intitolato “Clemente, Mario e gli altri. Lettere e cartoline raccontano la Grande Guerra”, che sta ottenendo degli ottimi riscontri. Il libro riesce a coniugare l’ambito locale con quello nazionale, la dimensione storica con quella didattica, e di qui la sua presenza in numerose scuole della nostra provincia.

Siamo di fronte ad una storia di amicizia e di memoria, che ha sfidato il secolo che ci separa dagli eventi, che ha come centro un tranquillo e suggestivo comune del nostro Subappennino, Alberone, che oggi conta ufficialmente mille abitanti, ma che all’inizio del Novecento superava quota tremila, malgrado l’emigrazione transoceanica e le difficoltà economiche. Qui vivevano anche alcuni amici, a partire dal protagonista assoluto della nostra storia, quel Clemente Nazzaro, nato ad Alberona il 29 marzo 1896 e destinato a spegnersi appena ventenne, il 3 novembre 1916, per le ferite di guerra. Una delle tantissime vittime della follia bellica, uno dei giovani partiti dai nostri paesi verso luoghi mai conosciuti prima, e destinati a non rivedere più i propri cari.

Il sottotenente Clemente Nazzaro, come si legge nell’enfatico linguaggio ufficiale, è stato insignito della medaglia d’argento al valor militare: “Incorando ed incitando i suoi soldati con la parola e con l’esempio, li trascinò, con mirabile slancio, in una trincea nemica. Mentre poi con un gruppo di arditi muoveva all’assalto di una mitragliatrice avversaria che batteva al fianco la postazione conquistata, cadde gravemente ferito”. Clemente si spegne poco dopo a Gorizia, presso l’ospedaletto da campo, per gli effetti dell’esplosione della granata antiuomo utilizzata dall’esercito austriaco. Una foto pubblicata nel volume lo ritrae in uniforme, nello splendore della sua giovinezza.

Nel volume delle Edizioni del Rosone sono stati ricomposti due gruppi di lettere, quelle che Clemente aveva ricevuto al fronte, ritornate ad Alberona con i suoi effetti personali, dopo la morte, speditegli dagli amici Mario, Luigino, Antonio e Nicola, e le lettere che il sottotenente aveva inviato al caro Mario Querques, classe 1897, che le custodì gelosamente fino alla scomparsa, nel 1961, lasciandole poi alla vedova. Un cammino accidentato, quello delle lettere, come si vede, che viene ricordato nella premessa dalla pronipote di Clemente Nazzaro, Pina De Matthaeis, ma a lieto fine, vista la pubblicazione del libro, ricco di un’impeccabile documentazione iconografica, rappresentata da foto dei diretti interessati e riproduzioni delle lettere, che si prestano a moltissime riflessioni.

I testi del carteggio vanno dal 18 dicembre 1915 al 26 ottobre 1916, interrompendosi pochi giorni prima del fatale evento che troncherà le speranze del giovane sottotenente. Poco meno di un anno, dunque, segnato da alcuni spostamenti, prima di giungere sul fronte, nei pressi di Gorizia, in zona di guerra, come si legge sulle cartoline, dove la morte è in agguato, minuto dopo minuto.

Clemente ha studiato e scrive con proprietà, anche se si capisce che il primo bisogno che avverte è proprio quello di comunicare, di sfogarsi con qualcuno, per rompere il muro dell’angoscia e del silenzio, volando con la mente in terra di Capitanata, nella sua Alberona, dove lo attendono gli amici. E’ un giovane pieno di dignità e di amor proprio, un uomo vero, che non fugge davanti al suo dovere, ma che ha anche vent’anni, e dunque si sforza di coltivare i sogni della sua età, parla di ragazze, chiede agli amici qualche notizia sulle piccole novità quotidiane. Insomma, si tratta di parole limpide e semplici, ma proprio per questo molto significative.

Clemente si sveglia e si illude di essere nel suo paese, nel suo letto, come si legge in un testo del 6 aprile 1916, manda delle foto e l’amico Mario, il 5 agosto 1916, gli risponde: “Stasera, dopo aver visto le tue fotografie, io Totonno e Luigino siamo rimasti così profondamente afflitti che ci è sembrato ancor più amara la tua lontananza. Ciò ti dico non per farti commuovere, mio caro sottotenente nasone, ma per dirti quanto affetto noi ti portiamo”. Come non restare colpiti da queste parole?

La Morte è in ascolto, sembra leggere anche lei questi testi, come una presenza ineluttabile e spietata, un avvoltoio che si aggira sul teatro degli eventi. Nella lettera dell’11 settembre Mario dice a Clemente: “Tuo padre mi ha detto che ti trovi oltre Gorizia, in primissima linea”. L’epilogo si avvicina e l’ultimo scritto è del 21 ottobre, in cui Clemente invita Mario a scrivergli spesso; ma il tempo volgeva ormai alla fine, in una sporca trincea di guerra.

Restano però queste lettere con la loro fitta scrittura, che occupa ogni spazio disponibile, con il loro desiderio di esorcizzare la sofferenza, di cancellare i sassi e le buche, i colpi di mitragliatrice e gli ordini folli dei superiori. Questo libro, dunque, è un testo davvero prezioso perché strappa al passato una pagina di amore per la vita, un anelito di pace e di felicità.

A completare l’opera, poi, ci sono delle belle pagine didattiche, studiate per i più giovani, per gli studenti delle nostre scuole, ma utili anche per tutti gli altri lettori, che formano la sezione intitolata “Non dimenticarsi di ricordare”. Si passa dalle informazioni sulla Puglia nella prima guerra mondiale ai documenti di personaggi come Benedetto XV, il papa che giustamente bollò la guerra come una “inutile strage”, un macello per milioni di giovani che legittimamente pensavano alle ragazze e agli amici, al paesello e al proprio pezzo di terra. Ne avevano tutto il diritto, e questo libro ce lo ricorda una volta di più…

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