ANDRE' MAUREL E LA PUGLIA DEI PICCOLI BORGHI
Il parigino
André Maurel, nato a Parigi nel 1863, è stato un grande innamorato dell’Italia,
nazione alla quale ha dedicato numerosi scritti. Scrittore, giornalista, amante
delle Belle arti, Maurel ha riscosso a suo tempo un notevole successo e i suoi
libri si leggono ancora con piacere. Pensiamo in particolare ai quattro volumi
del ciclo Petites villes d’Italie, apparsi dal 1906 al 1911. Il terzo
libro, pubblicato nel 1910, si sofferma su Abruzzi, Puglie e Campania. Per la
precisione, Maurel trascorre 10 giorni in Puglia, nella primavera del 1909,
trasferendo esperienze e impressioni in alcuni interessanti capitoli.
Lo scrittore francese dedica il libro a Giustino Fortunato e a Emile
Bertaux, due nomi significativi. Il grande meridionalista di Rionero è un suo
amico e Maurel nell’opera riporta stralci da una sua lettera, nella quale il
senatore lucano gli parla delle due Italie, della complessità di un problema che
non ammette delle facili soluzioni. Maurel tiene nel debito conto le
osservazioni di Fortunato, ritornando sull’argomento a più riprese.
Nel libro, pertanto, pagine dal tema saggistico e storico si uniscono a
dei momenti in cui Maurel mostra il suo fertile estro di scrittore, dando spazio
alla sua immaginazione, ai suoi umori, alle sue sbrigliate impressioni.
Maurel ama senza dubbio la nostra nazione, ma non dimentica mai la sua
provenienza. Di conseguenza, il viaggio nell’Italia Meridionale «diventa
propriamente un viaggio in Francia», tra Normanni, Angiò e Borboni. Persino
Federico II, che comunemente viene immaginato come uno svevo, viene visto da lui
soprattutto come figlio di Costanza d’Altavilla, e dunque di sangue normanno. Le
tracce della sua Francia sono ovunque, incluso, ovviamente, Castel del Monte,
«una fortezza francese vera e propria». In compenso, però, Maurel non è
spocchioso o irritante, anzi, ha il tratto amabile di uno scrittore di razza.
Il cammino pugliese inizia da Foggia, seguendo l’itinerario di chi
arrivava da Nord (e nel suo caso dall’Aquila). Se il capoluogo della Capitanata
non gli offre spunti interessanti, è a Lucera che il nostro scrittore si
sofferma, notando che l’Italia «non manca di città più belle di questa, ma non
ce ne sono di altrettanto suggestive». Ovviamente, Maurel pensa alle memorie
sveve, all’area della fortezza, dove si muovevano i soldati musulmani, giocavano
i figli di Manfredi, pascolavano i cammelli di Federico II, si ingrassavano gli
eunuchi. Gli spunti sono davvero tanti.
Spostandosi più a sud, Maurel parla con ammirazione di Barletta, graziosa
e pulita, che gli appare anche economicamente fiorente. Il suo punto di
riferimento diventa Bari e il paragone è stringente: «Bari è una Barletta già
arrivata. Barletta si dà da fare, Bari se ne avvantaggia».
Il capitolo dedicato al capoluogo regionale prosegue mostrando
l’ammirazione dello scrittore francese per questa città «piena di vita, con
ricchi negozi, splendide piazze, monumenti moderni e fastosi, con un porto ben
attrezzato». Gli elogi sono ancor più considerevoli pensando che la Puglia, come
tutta l’Italia Meridionale, rientra nell’Italia povera.
Maurel, che a Foggia è rimasto colpito scoprendo che l’acqua potabile è
oggetto di commercio, si augura che i lavori dell’acquedotto pugliese, ai quali
fa riferimento, possano eliminare una delle principali cause di povertà.
Il capitolo leccese, il quinto, intitolato Mastice e mollica di pane,
vede all’opera un Maurel decisamente polemico nei confronti del germanico
Ferdinand Gregorovius. Se questo si è riferito a Lecce in termini positivi,
parlandone come della Firenze del barocco, Maurel dipinge la città salentina
come regno dell’inverosimile e dell’assurdo. Qui le chiese ballano il valzer e i
santi «piroettano a loro piacimento nei loro abiti di pizzo, di seta e di
trine». Gli altari sono in pasta di mandorla «ricoperti di zucchero e bagnati
con crema alla vaniglia». La fantasia di Maurel si sbizzarrisce e le pagine
diventano un fuoco d’artificio nel desiderio di rendere gli eccessi del barocco
leccese, che evidentemente non incontrano il gradimento del visitatore francese.
A questo trionfo dell’insensatezza Maurel contrappone il romanico (in
verità anch’esso ‘contaminato’ dal barocco) della chiesa dei Santi Nicolò e
Cataldo, che gli sembra «uno fra i più bei monumenti dell’arte dei Normanni».
Dopo essere ritornato a parlare della questione meridionale, augurandosi
rimedi di buon senso (e sempre validi), come il miglioramento dell’istruzione e
l’abbassamento del carico fiscale, Maurel termina il suo itinerario pugliese
tessendo le lodi di Taranto, con i suoi paesaggi che affascinano i sensi.
Lo scrittore francese André Maurel (1863-1943) ci ha lasciato un nutrito
elenco di libri, numerosi dei quali dedicati all’Italia. Autore di successo, dal
1906 al 1911 ha pubblicato 4 volumi intitolati Petites villes d’Italie.
Il terzo della serie, edito nel 1910 dalla Librairie Hachette di Parigi, si
occupa degli Abruzzi, delle Puglie e della Campania. I capitoli pugliesi
delineano un cammino che da Foggia e Lucera giunge fino a Lecce e Taranto. Le
pagine briose dello scrittore si affiancano a interessi storico-sociali su
problemi che purtroppo sono di stretta attualità. Nel quinto volume di
Viaggiatori francesi in Puglia nel primo Novecento (Schena, Fasano, 1990) è
possibile leggere la traduzione dei capitoli pugliesi, a cura di Fulvia Fiorino.